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La politica dell’inadeguatezza: opportunismi, franchi tiratori e speranze

 

Come potrà il Partito Democratico convivere in un governo assieme al suo avversario storico, il PDL di Silvio Berlusconi?

Immaginare una proficua collaborazione tra PD e PDL in questa situazione è davvero difficile. Silvio Berlusconi ha già avanzato pretese sul ministero della Giustizia e questo fa presagire un nuovo tentativo da parte dell’ex primo ministro di metter mano ai temi della giustizia.

Il M5S ha perso una grande opportunità quando bambinescamente ha rifiutato ogni proposta dell’allora segretario del Partito Democratico, Pierluigi Bersani. Per un mese il Partito Democratico ha cercato un dialogo diretto con la terza forza in Parlamento, ma questa si è arroccata nelle sue pretese di rivoluzione radicale del sistema politico, senza rendersi conto che 1) ne faceva già parte a pieno titolo il movimento stesso, divenuto partito, 2) che il paese non ha bisogno di rivoluzioni immaginarie, ma di rivoluzioni effettive e queste le si potevano ottenere con un governo forte di cambiamento, che tenesse uniti proprio Centro Sinistra e M5S.

La boriosità di certe posizioni ha compromesso un dialogo che poteva essere vantaggioso per tutti gli italiani: la legge sul conflitto d’interesse, la legge anti-corruzione, le spese della politica, la ristrutturazione della macchina statale e della burocrazia, un intervento immediato sui temi dell’istruzione e del lavoro per i giovani e per le donne, una rivoluzione in senso europeo sui diritti civili, facendo eco all’approvazione dei same-sex marriage in Francia, invece no. Il teatrino dello streaming e la voglia di visibilità su twitter e facebook hanno prevalso sull’interesse nazionale.

L’esito, poi, delle votazioni del Capo dello Stato ha segnato la fine dell’esperienza di Bersani alla segreteria del PD, giustamente direi. Il PD ha commesso un grave errore tattico quando ha preferito ignorare il nome di Stefano Rodotà, seppur scelto con una miseria di preferenza su una competizione online altrettanto deserta (poco più di 25mila partecipanti su 48 mila aventi diritto, di un movimento che ha preso oltre 8 milioni di voti). Ma ancora peggio è stato il sabotaggio scientifico ai danni del “padre fondatore” del PD: Romano Prodi. Prima è stato glorificato con un’ovazione e poi affossato da ben 101 voltagabbana che lecitamente (perché ogni parlamentare non ha vincolo di mandato e risponde in propria coscienza) hanno scelto di non votarlo, anche se a viso aperto, durante l’assemblea del PD, avessero detto di si.

Speriamo solo che la scelta di questi 101 individui sia stata veramente in libera coscienza (e faranno i conti con questa più avanti, forse) e non suggerita da qualcuno o da qualche specifico interesse. Tant’è che nessuno di questi 101 franchi tiratori ha avuto il buongusto o il coraggio, a seconda dei punti di vista, di giustificare questo cambio di idea così repentino, se ne guardano bene.

E Napolitano?

Il Presidente è un uomo di sinistra, un ex comunista, inviso a tutto il Centro Destra fino a poco fa ed oggi invece, sembra essere il grande successo di Silvio Berlusconi, non sarei così convinto. Il Presidente Napolitano ha 87 anni e un elevato senso dello Stato. La sua ricandidatura è sintomo della totale incapacità della politica attuale di proporre idee e soluzioni. L’inadeguatezza di questa classe politica è disarmante e possiamo solo dire grazie a Napolitano di aver preso in mano la patata bollente. Napolitano è stato il Presidente che più di ogni altro ha dato fondo alle sue prerogative, diventando essenziale per la tenuta democratica, sociale e politica del Paese, fin dal 2012, quando il livello di credibilità dell’Italia era ormai ai minimi. La scelta di conferire l’incarico speciale a Enrico Letta (ci vuole coraggio a chiamarlo giovane a 46 anni) uomo di esperienza politica e di competenza può essere o un grande successo o un grande fallimento. Si gioca, in parte, sia il futuro personale di un uomo politico (Enrico Letta, nipote dell’altro Letta) sia di un partito e di questo mi preoccupo un po’ di più.

Come si può pensare di realizzare delle vere riforme con il proprio antagonista, che ha una visione completamente alternativa del mondo? Le idee in ambito economico sono opposte, così come sui temi dei diritti civili e del lavoro, dell’istruzione e della politica. Sarà un continuo fronteggiarsi al ribasso su temi di cruciale importanza per la vita economica, sociale e politica del nostro Paese. Sarà veramente una cosa su cui scommettere? Forse l’emergenza sarebbe cambiare questa legge elettorale illogica e degenere e tornare alle urne: siano gli italiani ad assumersi la responsabilità di votare chi può salvarli o chi può distruggerli. Poi, come sempre, fingeranno di non aver mai votato chi ha vinto, perché è nel dna politico degli italiani “lavarsi le mani”, i moderni ponzio pilato.

Al momento però, è evidente che dopo il voto niente è stato fatto di buono. Nessun escluso, nemmeno i purificatori cinque stellati, possono chiamarsi fuori dal carico di responsabilità che graverà su tutti per non aver dato subito un vero governo al Paese e per non aver sfruttato questo momento per cambiare realmente le cose. I giochi opportunistici di una parte e dell’altra hanno, ancora una volta, prevalso sui doveri degli eletti. Il PDL voleva contare politicamente? Monti voleva risalire dopo il fallimento elettorale? Il PD voleva il governo a tutti i costi perché ha vinto, di misura? Il M5S voleva dire no, per far fallire il sistema e poi dire: avevamo ragione!? Ebbene, chi più chi meno, sono tutti co-responsabili della grave situazione in cui ora ci troviamo. Enrico Letta, per quanto possa essere uomo politico capace, ha davanti un compito davvero difficile e non è detto riesca a creare un governo del cambiamento, anzi, quasi sicuramente sarà un governo del “navigo a vista”.

Il PD si trova al suo punto di non ritorno: o cambia adesso, o scompare. Una occasione persa è stato l’incontro di qualche giorno fa a Roma, dove Matteo Renzi, candidato in pectore di non si sa bene chi, ha fatto per l’ennesima volta una bella comparsata senza proferir parola e dove nessuno ha in effetti detto niente di risolutivo, anche se Bersani è apparso in quel momento un vero leader: peccato fosse troppo tardi.

Spero che personalità alternative a Matteo Renzi che è sempre e solo concentrato su se stesso, possano emergere in un’assemblea nazionale e ancora una volta rinnovo l’augurio che sia un Pippo Civati a prendere in mano la segreteria del Partito e condurre il Centro Sinistra verso un chiaro percorso politico. Serve chiarezza a costo di scindere correnti e potentati e di riformare il Partito ex novo.

In tutto questo caos c’è solo una piccola speranza per il Centro Sinistra: la vittoria di Debora Serracchiani in Friuli ci dice che le persone contano moltissimo e che se fai bene la gente te lo riconosce, non tutti, ma una buona parte si. Ha vinto di misura sul candidato avversario, ma ha vinto. Ha convinto quelle poche migliaia di persone in più che con lei si può cambiare e mi auguro sarà così. Il M5S ha fatto un sonoro flop sia per il risultato % sia per il fatto che la sua retorica non ha convinto il 20% di coloro che non hanno votato rispetto al 2008.

Ma facciamo attenzione: una tendenza che vede un progressivo distacco della gente dalla partecipazione alla vita politica di un Paese è un gran fallimento, e può solo produrre effetti negativi di disorientamento, di disaffezione e di disinteresse per le sorti proprie e del paese.

In questo caso tutti ne sono corresponsabili.

 



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