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La storia del blogger saudita Badawi


Tre bambini si domandano se e quando il loro papà tornerà a casa. Sono i figli di Raif Badawi, il blogger saudita finito in carcere perchè aveva aperto una pagina web dove incoraggiava il dibattito sui temi religiosi nella sua terra. Un’iniziativa che gli è costata l’accusa di violazione della Sharia e di apostasia, punita con la pena di morte. La moglie Ensaf Haidar lo aspetta in Libano, dove è fuggita. “I sauditi – spiega – hanno concesso la grazia a fondamentalisti, a terroristi, persone che hanno fatto cose che meritano una punizione. Lui non aveva fatto niente di sbagliato”. A difendere il blogger è il cognato Waleed Abualkhair, attivista per i diritti umani accusato a sua volta di aver attentato alla reputazione del Paese.”Nessuno voleva assumersi il caso, perchè pensavano che avrebbe distrutto la reputazione di chiunque”. Il suo cliente, dice, è stato perseguito e perseguitato. “Non hanno punito solo lui, ma anche la sua famiglia e il suo futuro”.Ogni attivista che chieda riforme in Arabia Saudita è a rischio. Come due avvocati tra i più impegnati in tema di riforme, condannati a 10 anni di prigione a testa: un processo che Amnesty International ha definito “uno dei tentativi di ridurre al silenzio gli attivisti per i diritti”. La moglie di Raif ha scelto l’esilio: il peso dell’esclusione sociale e della paura era troppo pesante.

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