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Perché Matteo Renzi non dirà “no, grazie”

Sono ore cruciali per la scelta del prossimo inquilino di Palazzo Chigi. L’ultima parola l’avrà Napolitano. Ma la penultima spetta al Pd che potrebbe decidere di aggrapparsi a Renzi, seppure non all’unanimità. Resta da capire che cosa deciderà di fare il sindaco di Firenze.

La via maestra, lo sa lui per primo, sarebbe rispondere no grazie, fare il candidato premier alle prossime elezioni, vincere nelle urne e ascendere a Palazzo Chigi sulle ali della legittimazione popolare. Ma la storia a volte prende delle scorciatoie, col rischio di dover bruciare le tappe. E magari anche bruciarsi. Come accadde nel 1998 a D’Alema che arrivò a Palazzo Chigi dopo la caduta di Prodi per mano di Bertinotti e non per la via maestra delle elezioni.

Questa carenza di legittimazione, D’Alema la pagò cara alle successive elezioni regionali, quando il suo partito prese una batosta e lui si dimise da Presidente del Consiglio. Renzi starà ripensando in queste ore alla vicenda dalemiana. Ma è pur vero che il sindaco di Firenze una forma di legittimazione popolare l’ha avuta, sia pure solo all’interno dell’elettorato di centrosinistra: è arrivato secondo, con il 40% dei voti al ballottaggio delle primarie, dopo Bersani che è stato travolto dagli eventi degli ultimi giorni ed è uscito di scena.

E poi ci sono appuntamenti che non si possono rifiutare: sia perché si potrebbe essere utili al Paese, sia perché il treno della storia potrebbe non ripassare.


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