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Napolitano, le donne e Morgan Stanley

Negli ultimi giorni si sono prodotti due fatti. L’uno sul piano della grande Storia, con effetti potenzialmente dirompenti e drammatici sulla vita e la tenuta dello Stato italiano e del sistema europeo. L’altro, con conseguenze di certo più limitate, ma anch’esso indice di un trend ormai irreversibile, di trasformazione profonda delle società occidentali. Due fatti di rilievo e peso profondamente diverso che, tuttavia, con un balzo logico, non esito ad accostare.

In Italia, l’istituzione delle due commissioni di esperti, maldestramente definiti “saggi”, ad opera del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ha sollevato un coro di polemiche generate, anche, dall’assenza di personalità femminili tra gli incaricati. Comprensibilmente oscurata da quanto accade da noi, è passata invece inosservata una notizia che, letta ieri, poteva sembrare uno dei tanti pesci di aprile che girano in rete. Uno sberleffo al nuovo femminismo “attivo” e presenzialista delle così dette quote rosa e del “Lean-In” di Sheryl Sandberg.

Invece, la notizia è vera. Proprio ieri, Morgan Stanley, una delle grandi di Wall Street, ha lanciato Il “Parity Portfolio”. Nato da un’idea di Eve Ellis, manager e advisor finanziario della banca, il nuovo strumento è destinato a far discutere. Il fondo scommetterà infatti – con tagli minimi di investimento di 250 mila dollari – esclusivamente su aziende con almeno tre donne nei consigli di amministrazione e negli organismi di vigilanza. Ovviamente, la composizione dei board non è l’unico criterio di valutazione adottato, ma è imprescindibile.

Che Morgan Stanley si sia messa a fare beneficienza, pare improbabile. Per convincere i suoi, Eve Ellis, è partita da un’evidenza empirica, tratta da un numero crescente di studi elaborati a partire dagli anni 90 in mezzo mondo. Le aziende con donne negli organismi esecutivi, semplicemente, hanno corsi azionari, e risultati finanziari, migliori. Ad attirare l’attenzione di Ellis, è stato, all’inizio, un report elaborato da “Catalyst”, organizzazione USA molto vicina, per obiettivi e metodi, alla nostra Fondazione Bellisario. I risultati dello studio, sorprendenti. Tra le Fortune500, le aziende con il maggior numero di donne nei CdA per un periodo di almeno sei anni, hanno prodotto sistematicamente risultati migliori rispetto alle altre. McKinsey, giunge da anni a conclusioni simili nei suoi report annuali, scorporando i dati analiticamente. Il “McKinsey&Company™2010. Women at the top of corporations: Making it happen” ad esempio, divideva le aziende presenti nell’imponente database McKinsey (Europa e BRIC) per industria, e monitorava l’andamento del quartile con il numero più elevato di donne nei comitati esecutivi. Risultato: performance migliori per tutti i parametri normalmente adottati per la valutazione aziendale. +56% sul risultato operativo (EBIT o MON) e +41% return on equity (ROE). A conclusioni concordanti era arrivato, l’anno scorso, anche uno studio di Credit Suisse, molto citato anche da noi.

Quel che più conta, l’effetto rosa – positivo – sulla governance aumenta con il numero di donne nei board, ma anche con le deleghe esecutive dei membri in tailleur. E qui, si tocca un tema di potere sostanziale. Nel 2012, in Europa, a fronte di una già ridotta presenza femminile nei consigli (solo il 15.6% dei membri porta la gonna), solo 1 donna su 20 board-member ha un mandato esecutivo. Per una volta, l’Italia è all’avanguardia. L’adozione della Golfo-Mosca ha previsto un obiettivo del 30% di donne, e sanzioni che arrivano fino allo scioglimento dei consigli delle società inadempienti. Di recente, la Commissario alla Giustizia Reding, ha preso a modello la legge italiana, per una proposta Direttiva EU sulle quote. Molto osteggiata, la proposta ha finito con il non prevedere sanzioni, per la ferma  opposizione esercitata, in primis, della Germania di Angela Merkel.

E qui torniamo al punto di partenza, per accostare due fatti apparentemente incomparabili.  Mi ha molto colpito, in questi giorni, la virulenza delle critiche mosse al Presidente Napolitano, accusato, fra l’altro, di scarsa attenzione al ruolo delle donne nelle istituzioni. Come donna e professionista sono decisamente sensibile al rilievo, e ho più volte espresso il mio favore per una politica di azioni positive. Certo, non sta a me tentare un’inopportuna difesa, o interpretazione, del pensiero del Capo dello Stato. Soprattutto, mi sembrerebbe assurdo farlo, in un momento gravissimo in cui sono messi in discussione, con artifici populistici e irresponsabilità criminale, insieme, il senso delle istituzioni e dei valori dell’Unione Europea, e i nostri stessi interessi nazionali. Gli stati europei, senza l’Europa, sono destinati all’irrilevanza geopolitica.

Tuttavia, c’è un dato di fatto che mi preme richiamare. Se l’Italia ha oggi norme tanto avanzate in materia di promozione delle competenze e professionalità femminili, lo dobbiamo ad un certo numero di attori. In primo luogo, le relatrici della Legge in vigore, On. Lella Golfo e Alessia Mosca; il Consiglio dei Ministri presieduto dal Senatore Mario Monti e la Ministro Elsa Fornero, che hanno voluto licenziare per tempo – prima di una scadenza che molti auspicavano fosse ignorata – il Regolamento attuativo dello scorso 3 agosto 2012, senza il quale la Legge non avrebbe esercitato efficacia sulle 25 società che dipendono direttamente dal MEF, le 89 controllate di secondo livello, le 2.100 partecipate dagli enti locali.

Ma lo dobbiamo anche al meritorio ruolo di incoraggiamento, sostegno attivo, moral suasion e promozione di personalità femminili, che il Presidente Giorgio Napolitano ha sempre esercitato, durante il mandato, direttamente, con le nomine di Sua competenza (ricordo fra le tante quella della Prof.ssa Marta Cartabia a Giudice della Corte Costituzionale), e indirettamente nei Suoi numerosi discorsi, o come mentore di professioniste che con Lui, negli anni, hanno lavorato. Fino ad auspicare, recentemente, una rivoluzione rosa che veda – finalmente – una donna a capo del Governo.

Sinceramente, le critiche di questi giorni, anche vista la gravità degli eventi, mi sono parse davvero ingenerose.



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