Grazie all’autorizzazione dell’editore e dell’autore, pubblichiamo il commento di Riccardo Ruggeri, saggista, editore ed ex top manager del gruppo Fiat, apparso sul numero odierno del quotidiano Italia Oggi diretto da Pierluigi Magnaschi.
Quando ho capito che il clou delle elezioni sarebbe stato proprio il sabato, lontano dall’uscita del mio pezzo, ho deciso di appoggiarmi alle nuove tecnologie: Twitter. Il tweet ha un riferimento sublime “Mattina. M’illumino d’immenso”, appena 28 battute, titolo e poesia compresi, che Ungaretti scrisse nel 1917 su una cartolina, poi l’affrancò e la spedì. E fu il tweet assoluto, poesia allo stato puro. Non essendo Ungaretti ho capito che i miei tweet sono degli ironici “sputi” e come tali vanno trattati. In questo pezzo cerco di raccoglierli e dar loro un minimo di dignità.
Il racconto parte dopo che i 5 Stelle decidono di sostenere fino alla morte Rodotà, un curioso candidato casta-grillino (supportato dall’amore filiale della sciccosa figlia “sono fiera di lui perché è al fianco degli operai”: come ex operaio ho avuto un brivido, sgiai allo stato puro). Marini viene abbattuto, una giornalista da strada gli fa la domanda della vita: “dove ha lasciato la pipa”?
Il Pd passa la notte ad affilare i lunghi coltelli (guspinesi) per scegliere fra D’Alema e Prodi, nel Pdl ripongono i temperini. Mio commento: se vince D’Alema vince la politica, se vincono Prodi o Rodotà vincono gli ottimati. Se perdono tutti e tre, vincono gli italiani. La terza votazione è noiosissima: Rodotà, bianca, Prodi, bianca, D’Alema, bianca. Basta, ho un rigetto, esco sul balcone e urlo: “voglio una donnaaaa”. Prodi viene “uccellato” da 101 franchi tiratori del Pd, immagino la sua ira, è in Mali, mando un messaggio a due amici (uno dalemiano, l’altro popolare): “per farvi perdonare regalategli un dromedario, come quello di Hollande”. Un cinguettio su Prodi: col nuovo corso vaticano i cattolici “adulti” non vanno più: bisogna essere poveri e abitare nelle banlieue, se siete adulti cercate di essere almeno esodati. Alla 5° votazione Vendola è tornato l’isterico che ho sempre amato, attendo il crollo psicologico di Grillo, quando capirà l’ovvio: Twitter non è democrazia, è fuffa. 5 Stelle ottusamente teorizza che la “Piazza” vuole Rodotà mentre il “Palazzo” vuole Napolitano. Mi chiedo, cosa faranno i pizzardoni?
Abbandono lo schermo per rifocillarmi: una robiola di Roccaverano e un bicchiere di Freisa di Chieri (proprio nel giorno che il suo DOC compie 40 anni, Paolo Massobrio mi manda un tweet di approvazione). Comincia la 6° votazione, siamo tutti stanchi, Mentana sfoggia un gran culo di pietra, comincia la conta, sembra la catena di montaggio di Mirafiori, i funzionari della presidenza della Camera sono stravolti dall’imprevisto lavoro, hanno smazzato oltre 6.000 schede, attività idiota svolta con altissima professionalità, guidati da una signora schifiltosa. Rieleggendo Napolitano siamo stati ecologicamente perfetti, abbiamo un presidente a km zero, siamo diventati, a nostra insaputa una Repubblica presidenziale e ora Napolitano ha due armi letali: può sciogliere il parlamento, può dare le dimissioni, un dictator da “antica Roma”.