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Panico per l’aviaria in Cina

In Cina il virus dell’influenza aviaria ha infettato una sessantina di persone, delle quali 14 sono decedute. Secondo i dati del ministero della Sanità cinese, la malattia, circoscritta inizialmente a Shanghai e a tre province orientali, ha fatto ora la sua comparsa anche a Pechino e nella provincia dell’Henan, nel centro del Paese.

Le autorità cinesi hanno chiesto alla popolazione di dare prova di “spirito collettivo superando l’individualismo” per non penalizzare ulteriormente l’industria degli allevamenti di pollame che nelle ultime settimane ha perso oltre un miliardo di euro.

A Shanghai la crisi ha assunto proporzioni preoccupanti. Nonostante le rassicurazioni degli esperti, l’epidemia ha tagliato i consumi e incentivato le vendite di rimedi erboristici, un settore in cui la Cina vanta un’esperienza millenaria. A Shanghai il crollo delle vendite è stato verticale, come spiega la signora Sun, i cui polli surgelati si ammassano in frigorifero.

“L’aviaria ha avuto un impatto devastante sul nostro commercio. I polli che vendiamo sono sicuri perché sono congelati ma i clienti hanno paura e non comprano”. Nel negozio a fianco della signora Sun le vendite di carne di manzo sono praticamente raddoppiate mentre nelle farmacie e nelle erboristerie vanno a ruba i preparati a base di banlangen, un’erba locale che nella medicina tradizionale viene associata solitamente alla cura del raffreddore, ma che si ritiene sia anche in grado di prevenire l’infezione aviaria.

Anche questo è il volto della Cina. Alle soglie di diventare ufficialmente la potenza egemone del Terzo millennio, non dimentica tradizioni millenarie e le risorse della farmacopea confuciana. Una sintesi che può spiegare molte cose.

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