Non è stato un pesce d’aprile anticipato. La scelta del presidente della Repubblica di “prorogare” il governo Monti e di farsi carico di “suggerire” soluzioni di merito, rispetto alle riforme istituzionali e a quelle economiche e attraverso l’ausilio di dieci saggi, ha destato scalpore.
Tutti immaginavano che l’orientamento del Colle fosse stato in qualche modo discusso e condiviso con i leader degli schieramenti. Invece no. La rabbia emersa dalle parti del Cav, l’imbarazzo del Pd e lo spiazzamento di Grillo hanno rivelato lo scarto di velocità fatto da Napolitano.
Non hanno torto quanti sottolineano l’originalità della mossa del Quirinale: nella Costituzione formale e sostanziale uno scenario di questo tipo non presenta precedenti. Se non fosse chiaramente ispirato dall’interesse nazionale, l’accusa di sospensione della democrazia non sarebbe stata così infondata.
La verità però è che sono i partiti ad essere nel torto più marcio. Bersani si è incredibilmente incaponito per formare il governo, senza numeri e con il veto nei confronti di Berlusconi. Il capo del Pdl, più comprensibilmente, puntava a massimizzare la sua posizione o entrando nella maggioranza o tornando alle urne. Grillo, banalmente, scommetteva sul caos.
Il presidente ha rimesso la palla al centro. Lui stesso però esce ammaccato da questa vicenda. Le polemiche sui saggi – nessuna donna e nessun giovane – sono marginali nel merito ma intaccano la credibilità dell’Arbitro e questo non aiuta.
Da qui all’elezione del nuovo inquilino del Colle, il quadro politico e istituzionale sarà ancora instabile e riserverà probabilmente altre sorprese. Di certo, i mercati – quelli dell’economia reale – non saranno felici. Attendevano di conoscere la nuova governance del sistema Italia. Invece, ancora nulla. La sofferenza economica e sociale proseguirà, aggravandosi. Mentre i partiti sono impegnati tutti solo nel calcolare il proprio possibile tornaconto.
Si salvi chi può!