Grazie all’autorizzazione dell’autore e dell’editore, pubblichiamo l’’intervista di Alessandra Ricciardi a Giorgio Cremaschi comparsa sul numero odierno del quotidiano Italia Oggi del gruppo Class Editori.
Una vita nella Fiom, leader nella Cgil della corrente Rete 28 aprile, oggi naturalmente opposizione. Giorgio Cremaschi è stato uno dei pochi che al direttivo della Cgil ha votato contro la mozione di sostegno alla firma del patto per la rappresentanza, «perché è un accordo mostruoso, autoritario, nel caso della Fiat di Pomigliano non avremmo potuto fare scioperi o ricorsi».
Promette che non è finita, Cremaschi. E se parlare di scissione (ancora ) non si può, di rottura invece sì, «Camusso e Landini sono diventati anche loro corporativi». L’appuntamento per la resa dei conti sulla linea del segretario generale Susanna Camusso è il congresso del prossimo autunno. In contemporanea con quello del Pd, «è vero», dice Cremaschi, «sono percorsi paralleli». Ma l’approdo politico per la sinistra della Cgil non sarà Sel di Nichi Vendola, «troppo vicino al Pd, noi siamo più antagonisti».
Domanda. Che cosa cambia con l’accordo tra sindacati e Confindustria sulla rappresentanza?
Risposta. In sostanza si firmano i contratti prima di farli, con il principio dell’esigibilità se la maggioranza delle sigle che contrattano decide per il sì non si può scioperare e non si possono fare ricorsi. Si evitano gli accordi separati.
D. Gli imprenditori rivendicano la necessità di relazioni sindacali certe.
R. Le relazioni sociali devono essere libere altrimenti non c’è più autonomia delle organizzazioni sindacali.
D. Anche in parlamento si discute e poi si vota a maggioranza. Ciò che è approvato dalla maggioranza diventa legge dello stato.
R. É perfetto, ed è proprio questo ciò che non va, è un sistema autoritario che non può funzionare per i sindacati e per la tutela dei diritti dei lavoratori. La fabbrica non è uno stato, la democrazia costituzionale vuole che si possa sempre scioperare.
D. E così a Pomigliano si fa il contratto con la Fiat, la maggioranza dei lavoratori dice sì, ma chi non ci sta blocca le attività di produzione, ricorre per imporre le assunzioni. Non è una dittatura della minoranza?
R. É democrazia. Se così non fosse nel ’68 non ci sarebbe stato l’autunno caldo e oggi non avremmo lo statuto dei lavoratori. É ovvio che l’accordo fa gli interessi degli imprenditori, ma non si fanno gli interessi dei lavoratori.
D. Alla Cgil l’accordo sulla rappresentanza pare vada bene.
R. La Cgil ha cambiato linea, e noi abbiamo votato contro.
D. Perché questo cambio di linea?
R. Per recuperare gli errori politici fatti. La Cgil aveva investito su Pier Luigi Bersani, la Cisl su Mario monti, Confindustria su entrambi e tutti hanno perso. Ora hanno deciso di fare un patto per riavere un ruolo politico, ma tornando a essere corporativi diventano più forti nel palazzo, meno nel paese.
D. Anche in Germania però il sistema sindacale è regolato in modo analogo a quello proposto oggi in Italia.
R. Il modello tedesco funziona perché hanno l’euro debole e riescono a esportare con prezzi sottocosto, il nostro euro invece è forte.
D. E allora che fate? Anche voi andate a una scissione come nel Pd?
R. I percorsi sono paralleli, anche noi abbiamo il congresso in autunno. Ma oggi c’è stata una rottura non una scissione. C’è tutto un mondo di lavoratori che ormai protesta senza i sindacati, basti pensare ai migranti della logistica, al San Raffaele, ai tranvieri di Bologna…
D. Politicamente dove vi collocate, con Nichi Vendola?
R. Assolutamente no, Sel e Pd sono vicini, noi di sinistra Cgil siamo per un programma più antagonista.
D. Il presidente del consiglio incaricato è Enrico Letta, un popolare, le ultime vicende politiche hanno ridimensionato la sinistra anche nel Pd.
R. Letta è un sottosegretario alla presidenza della repubblica, noi siamo contro il presidente re e contro il governo della Bce. Il prossimo 11 maggio facciamo a Bologna un’assemblea con il sindacalismo di base per le nostre proposte.