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Per il dopo Marini non c’è D’Alema ma Rodotà (o Prodi)

I giornalisti italiani hanno alcune manie professionali. Una di queste consiste nell’individuare Massimo D’Alema come il personaggio che si nasconde dietro ogni manovra. Marini è candidato? E’ stato il leader Maximo a volerlo. Marini potrebbe non farcela? E’ una manovra di D’Alema per poi essere eletto lui stesso.

Francamente, questa narrazione presenta aspetti affascinanti e per certi versi appare come lusinghiera nei confronti del leader della sinistra italiana tuttavia appare un tantino esagerata. La verità è che se Franco Marini dovesse non riuscire alla prima votazione, Bersani non avrebbe la forza di tenere l’accordo con Berlusconi fino alla quarta votazione. A quel punto però dal cilindro dei grandi elettori non spunterebbe il nome di D’Alema ma, probabilmente, quello di Romano Prodi.

Il rischio ci sarebbe comunque. Potrebbe essere infatti troppo tardi per proporre il fondatore dell’Ulivo, l’uomo che due volte ha sconfitto nelle urne Berlusconi. L’abilità tattica di Grillo e l’avvedutezza di Renzi che ieri sera lo ha definito “candidato migliore”, potrebbe infatti far inclinare il piano del Pd verso Rodotà. Il celebre costituzionalista, già deputato negli Indipendenti di Sinistra e poi presidente dell’authority per la privacy, parte con il consenso di Movimento 5 Stelle, di Sel e di una parte del Pd. Virare su Prodi non sarà facilissimo. A ben vedere, l’alternativa vera di questa elezione non è fra Marini e D’Alema ma fra l’ex presidente del Senato e il candidato di Beppe Grillo.

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