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Le proposte istituzionali dei saggi di Napolitano

Una consegna ai partiti e al suo successore. Il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, ha descritto così il lavoro presentato oggi dai dieci saggi da lui nominati il 30 marzo scorso.

Per quanto riguarda il gruppo di lavoro sui temi istituzionali, formato da Mario Mauro, Valerio Onida, Gaetano Quagliariello e Luciano Violante, ecco quali sono state le conclusioni sui principali temi affrontati.

Superamento del bicameralismo perfetto

Secondo i quattro saggi bisogna superare l’attuale bicameralismo perfetto che è “una delle cause della difficoltà di funzionamento del nostro sistema istituzionale”. I saggi propongono una sola Camera politica mentre il Senato deve rappresentare le autonomie regionali. Solo la Camera vota la fiducia e ha il voto definitivo sui disegni di legge.

Riduzione dei parlamentari e delle commissioni

480 deputati e 120 senatori. Questo è il nuovo numero di parlamentari proposto dai saggi. “Per effetto del superamento del bicameralismo paritario, occorre calcolare il numero di parlamentari con modalità diverse tra Camera e Senato. Oggi i deputati sono 630, all’incirca uno ogni 95.000 abitanti. Il Gruppo di Lavoro ritiene che sia ragionevole seguire un criterio per il quale la Camera sia composta da un deputato ogni 125.000 abitanti. I deputati verrebbero così ad essere complessivamente 480. Per i Senatori, si propone un numero complessivo di 120, ripartiti, come si è detto, in proporzione al numero di abitanti in ciascuna Regione”.

Nella loro relazione finale i saggi ipotizzano anche la riduzione delle Commissioni parlamentari permanenti dalle attuali 22 a 9 o 10 al massimo

Legge elettorale mista

Per quanto riguarda la legge elettorale, i saggi considerano fondamentale chiudere l’esperienza del Porcellum. Il nuovo sistema di voto deve “prevedere un sistema misto (in parte proporzionale e in parte maggioritario)”, con un “alto sbarramento” e “un ragionevole premio di governabilità” e l’abolizione delle circoscrizioni estere.

Qualora le forze politiche decidessero di tornare al Mattarellum sarebbe opportuno eliminare lo scorporo. Se invece il Parlamento dovesse optare per un regime semipresidenziale sarebbe preferibile propendere per una legge elettorale incentrata sul doppio turno di collegio, secondo il modello francese, al fine di rafforzare il Parlamento rispetto a un Presidente che ha la stessa fonte di legittimazione.

Finanziamento pubblico adeguato ma ineliminabile

Il finanziamento pubblico dell’attività politica è da correggere ma è “ineliminabile”. “Il Il Gruppo di Lavoro – si legge nella parte ‘Finanziamento dei partiti’ del documento – sottolinea che il finanziamento pubblico delle attività politiche, in forma adeguata e con verificabilità delle singole spese, costituisce un fattore ineliminabile per la correttezza della competizione democratica e per evitare che le ricchezze private possano condizionare impropriamente l’attività politica”. Nel finanziamento pubblico “va distinto il finanziamento dei partiti dal rimborso delle spese elettorali che deve essere giustificato e documentato all’interno di rigorosi tetti di spesa”.

Per i saggi poi si devono uniformare le disposizioni sul controllo dei costi della politica e soprattutto si propone, “per evitare disparità di trattamento, di uniformare i soggetti deputati al controllo, che devono essere esterni e indipendenti, l’oggetto del controllo, i criteri del controllo”.

Una commissione per riformare la Costituzione

Una commissione mista per la riforma della Costituzione, costituita in parte da parlamentari (eletti dalle Camere secondo un criterio di rappresentanza proporzionale) e in parte da non parlamentari (scelti con modalità che saranno decise dal Parlamento). Per i saggi, la commissione dovrebbe predisporre un progetto di riforma, eventualmente preceduto da un referendum di indirizzo tra più opzioni su alcune questioni significative.

Il progetto della commissione dovrebbe poi essere votato dalle Camere articolo per articolo, senza emendamenti (ma con la possibilità di chiedere modifiche alla commissione con l’approvazione di ordini del giorno vincolanti). Il processo di riforma sarebbe completato con un referendum confermativo sul testo approvato dal Parlamento. “Si tratta di un organismo del tutto diverso dalla cosiddetta Assemblea Costituente – spiegano i saggi nella relazione – perché non avrebbe il potere di deliberare al posto del Parlamento ma solo il potere di proporre un testo sul quale il Parlamento potrà liberamente deliberare”.

Una legge sul conflitto di interessi ma non parziale

“Si pone il problema di prevenire il conflitto tra interessi privati e interesse pubblico da parte di coloro che sono chiamati a perseguire quest’ultimo”. La relazione finale elaborata dai saggi parla di “necessità di una legge sulla materia costruita non sulle aspirazioni dell’una o dell’altra forza politica, ma su proposte che non possano essere identificate come mosse da spirito di parte”, per esempio partendo dalle proposte dell’Autorità Antitrust.

Rivedere i referendum

I quattro saggi hanno anche fatto presente che occorre ripensare l’istituto del referendum sia abrogativo che confermativo. Per il primo si propongono cinque interventi. Anzitutto l’“elevazione del numero delle sottoscrizioni in relazione all’aumento della popolazione”; la collocazione del “giudizio di ammissibilità del quesito da parte della Corte Costituzionale non dopo la raccolta di tutte le firme, ma dopo la raccolta di un certo numero, ad esempio 100 mila, adeguate a comprovare la serietà della proposta”; definendo “più precisamente i requisiti di ammissibilità”. Infine definendo “il quorum di validità del risultato calcolandolo nel 50% più uno della percentuale dei votanti nella più recente elezione per la Camera dei Deputati” e vietando “per un periodo determinato, di ripristinare la norma abrogata e comunque di aggirare il risultato referendario”.

Si suggerisce infine di prevedere che le “leggi di revisione costituzionale possano sempre essere sottoposte a referendum popolare confermativo”.


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