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Quando Maccanico discorreva di energia nucleare in Italia

Pubblichiamo l’intervento di Antonio Maccanico sul numero di Formiche di febbraio 2009

Il problema della sicurezza energetica per i paesi dell’Occidente, Stati Uniti ed Europa, che dipendono per l’80 per cento delle fonti disponibili da quelle fossili (petrolio, gas e carbone) presenta aspetti molto delicati e preoccupanti di natura economica, politica e ambientale.

Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia i consumi mondiali di energia entro il 2030 sono destinati ad aumentare del 57 per cento, ed è tutt’altro che sicuro che le fonti fossili siano in grado di sostenere questo incremento della domanda.
Ciò significa in ogni caso, che in un arco temporale medio-lungo i prezzi del petrolio e del gas, oggi diminuiti per la crisi economica, sono destinati a crescere in modo esponenziale quando la ripresa dell’economia mondiale si realizzerà.

Sul piano politico è sempre più evidente per il petrolio e il gas il contrasto tra i paesi produttori e i paesi consumatori, contrasto che espone a rischio serio gli approvvigionamenti in caso di conflitti nel Medio Oriente per il petrolio e di politiche espansive della Russia, che ha quasi il monopolio del gas in Europa. Sul piano ambientale è noto che le fonti fossili di energia sono le maggiori responsabili dell’immissione di gas serra, di anidride carbonica nella atmosfera, e quindi è evidente l’urgenza di limitare questo fenomeno se si vuole evitare la catastrofe ambientale legata ai cambiamenti climatici.

Dall’insieme di queste semplici, ma incontestabili considerazioni deriva la necessità evidente di una graduale ma significativa riduzione delle fonti fossili di energia.
Ciò significa politica di risparmio nei consumi finali, tecnologie più avanzate nell’utilizzo di fonti fossili (in particolare per il carbone), sviluppo delle energie rinnovabili, ma soprattutto utilizzo dell’energia nucleare.
Tutto ciò dovrebbe essere realizzato in un quadro di cooperazione planetaria attraverso, ad esempio, la creazione di un cartello dei paesi consumatori, che fronteggi il cartello dei paesi produttori; o almeno di intesa europea, che in passato ha avuto momenti felici come la nascita dell’Euroton. Ma non vi sono segnali convincenti che stia per procedere su queste linee per il prossimo futuro. Ciò non esime il nostro Paese dal perseguire con tenacia questi obbiettivi.

Appare evidente che le linee indicate per assicurare in futuro sicurezza energetica e sostenibilità ambientale della inevitabile crescita dei consumi energetici comportano politiche pubbliche adeguate.
Risparmio dei consumi, tecnologie più avanzate nell’utilizzo di fonti fossili, energie rinnovabili, e rilancio delle centrali atomiche richiedono interventi pubblici consistenti e ben mirati.
In particolare, una ripresa del ricorso all’energia atomica, che abbia incidenza significativa nella riduzione del ricorso ai combustibili fossili è impensabile senza un robusto e permanente ruolo pubblico. Negli ultimi anni caratterizzati da orientamenti nel campo energetico prevalentemente liberistici e di mercato la spinta verso la costruzione di centrali atomiche si è ridotta, quasi si è esaurita in tutti i paesi perché l’investimento privato in queste centrali non è minimamente concorrenziale rispetto ad esempio alle centrali a metano. I rischi economici del nucleare sono enormi: sono richiesti ingenti capitali, sono incerti i costi di costruzione, i tempi delle autorizzazioni sono tutt’altro che sicuri e la redditività è lontana nel tempo, la gestione delle scorie senza sostegno pubblico è impensabile.

Appare quindi inconciliabile una spinta alla liberalizzazione in campo energetico e il ritorno al nucleare, che richiede una cultura di programmazione.
Una programmazione energetica è necessaria anche per le fonti rinnovabili (energia elettrica, geotermica, solare, eolica, delle bionasse): è quindi necessario un adeguamento istituzionale all’interno del Governo con la costituzione di un centro operativo responsabile a tutto campo della attuazione della politica energetica decisa dal Governo. Quanto agli strumenti incentivanti possono essere i più vari: dall’investimento pubblico diretto da limitare al massimo, alla iniziativa comune pubblico-privati, alle facilitazioni fiscali.
La cooperazione pubblico-privati è certamente la via maestra.

Importanza primaria assume in questo quadro il problema delle alleanze internazionali da costruire essendo impensabile che ci si possa affidare a questo processo esclusivamente sulle risorse tecnologiche nazionali. L’Italia che è stata tra i primi paesi ad entrare nell’epoca atomica e anche il primo ad uscirne ha un serio problema di ricostruzione di una cultura e di una competenza scientifica adeguata in questo campo, dopo la lunga paralisi che ci è costato il precipitoso rifiuto del nucleare nell’87-’88.
L’alleanza internazionale può esserci utile anche in questo compito.
Del pari assai delicato problema è certamente quello della accettazione popolare dei nuovi insediamenti nucleari. A questo fine la costituzione di una Autorità per la sicurezza energetica potrebbe essere utile nella lotta a pregiudizi consolidati.

Quanto alla scelta dei reattori sui quali puntare, è certamente comprensibile che si punti subito sui reattori di III generazione, per evitare tentennamenti e dilazioni. Ma considerati i tempi necessariamente lunghi del processo che si avvia forse sarebbe più saggio puntare ai reattori di IV generazione, i cosiddetti reattori veloci che avranno il pregio di richiedere meno uranio, la cui disponibilità è tutt’altro che illimitata. Per il problema delle scorie si sono fatti certamente progressi, ma non si può dire che esso sia completamente risolto. Anche a questo fine il tempo è prezioso.

La complessità del problema della ripresa del nucleare postula un grande sforzo unitario di lungo periodo per il nostro paese, che è in condizioni di particolare debolezza con costi dell’energia quasi doppi rispetto agli altri paesi europei. Sforzo unitario di lungo periodo da intraprendere con realismo e vivo senso dell’interesse nazionale, senza concessioni ad illusionismi e scetticismi, così frequenti in passato in questo campo.


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