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Così Reinhart e Rogoff si difendono dall’Excelgate

Troppo debito pubblico, crescita troppo lenta. Il motto dell’austerità, costruito a suon di logica, ha infervorato negli ultimi anni la classe dirigente europea, e non solo. Ma nella marcia verso il rigore, l’Excelgate ha travolto il lavoro degli economisti Carmen Reinhart e Ken Rogoff, diventati il bersaglio del dibattito economico dopo la pubblicazione di uno studio su un errore statistico che inficerebbe la validità della loro ricerca.

L’Excelgate

Thomas Herndon, Michael Ash e Robert Pollin dell’Università del Massachussetts (UMass) hanno dimostrato come i due economisti abbiano fatto un errore su Excel nel paper “Growth in a Time of Debt” del 2010. Lo studio di Reinhart e Rogoff è stato usato come base teorica dai leader nel mondo per le politiche di austerità, dimostrando che la crescita economica rallentasse significativamente nei Paesi con un debito pubblico superiore al 90% del Pil. E dalla pubblicazione della nuova ricerca dell’UMass, i due autori hanno tentato di difendere il loro lavoro in ogni modo, sostenendo che, nonostante l’Excelgate, la loro teoria resta valida.

Un dibattito anche politico

In un editoriale pubblicato sul New York Times, Reinhart e Rogoff hanno spiegato come “il dibattito, che ha assunto anche un peso politico, ha falsamente associato la nostra teoria sulla relazione negativa tra debito e crescita con la richiesta di austerità”.

Austerità più riforme strutturali

“Siamo d’accordo – hanno proseguito – sul fatto che la crescita sia un obiettivo difficile se c’è un alto livello di debito pubblico. Sappiamo che il taglio alla spesa pubblica e l’aumento delle tasse sono scelte dure quando l’economia cresce poco e con alti livelli di disoccupazione. L’austerità raramente funziona senza riforme strutturali, come cambi dei tassi e riforme del lavoro, e se mal disegnata, può colpire senza distinzioni le classi medio-basse”.

Le riduzioni del debito nella storia

Il nostro consiglio è stato “quello di evitare di ritirare stimoli fiscali troppo in fretta, una posizione comunque sostenuta dalla maggior parte degli economisti. In alcuni casi, abbiamo favorito proposte più radicali, inclusa la ristrutturazione del debito pubblico e privato (una definizione elegante di fallimento parziale). Del resto, queste azioni hanno permesso la gestione del debito durante la prima guerra mondiale e la Depressione”, hanno concluso.



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