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Renzi-Barca nel Pd? Come Blair-Brown. Riusciranno a convivere?

Con la vittoria di Ignazio Marino a Roma si riscatta il Pd più radical e di sinistra. Un partito nato con l’ambizione di diventare riformista di massa sta diventando radicale di massa. E in questo scenario non sembra esservi spazio per Matteo Renzi. Ecco il Pd di Pierluigi Bersani, secondo l’editorialista ed ex direttore dell’Unità, Peppino Caldarola, che a Formiche.net indica quale sarà il risultato sommando questi elementi alle prossime elezioni: “Vincerà Berlusconi, ne sono convinto”. Ma andiamo con ordine.

Caldarola, con Marino a Roma ha vinto il Pd più di sinistra?
A Roma ha vinto un personaggio serio, colto, preparato. Ma ha vinto soprattutto un Pd molto radical, aperto al dialogo con personaggi come Antonio Ingroia e con i grillini, una visione molto di sinistra.

E questo come si concilia con le spinte moderate che arrivano da Matteo Renzi, Walter Veltroni, Dario Franceschini?
Il Pd nacque con l’idea originaria di essere un luogo di ritrovo di tutti i riformismi e di nascita di un riformismo che si distaccasse dal percorso dei vari affluenti. Nel Pd che appare adesso sembra prevalere quella componente più radicale che preme per il diniego a qualsiasi dialogo con Berlusconi e all’inseguimento dei grillini. Invece di un partito riformista di massa, sta nacendo un partito radicale di massa.

In questo partito c’è spazio per Renzi?
Renzi viene visto come l’incursione di un nemico. Il sindaco di Firenze potrà essere un punto di approdo se il partito temendo la sconfitta deciderà di affidarsi a un personaggio che può trascinarlo. Ma è più facile che ci sia una contrapposizione forte tra queste due anime del partito e il rischio è quello di una lacerazione.

Fabrizio Barca in questo scenario dove si inserisce?
E’ come se Renzi fosse Tony Blair e Barca Gordon Brown. Nel Labour party riuscirono a convivere, il tema vero è se riusciranno a farlo anche qui. Barca i titoli ce li ha tutti: è un economista colto, è un figlio d’arte, ha un’idea moderna della politica. È un punto di partenza interessantissimo, il problema è come saprà accoglierlo il Pd.

E se Sel confluisse nel Pd?
Sel e Pd sono destinati all’incontro ma con la visione della socialdemocrazia che piace a Vendola, lontana da quella moderna europea, si rafforzerebbe la componente massimalista e integralista del partito. Non ci vedo niente di buono.

La base del Pd da che parte sta?
Penso che se si facesse un referendum tra la base del Pd, la posizione alla Marino avrebbe la maggioranza relativa.

Ma con quella, il Pd non ha vinto le elezioni…
Il Pd come aggregato elettorale non è più grosso del Pci dell’ultimo periodo. E per questo va cambiato. Il tema vero che pone oggi Veltroni nella sua lettera su Repubblica è come trovare una ragione nuova del riformismo in Italia. La linea di Bersani è perdente e con questa base elettorale sono convinto che le prossime elezioni le vince Berlusconi.

Prima di nuove elezioni però, c’è di mezzo lo stallo in cui è il Paese in questo momento e la necessità di trovare un governo. Come se ne esce?
Ciò che non coglie Bersani in questo momento è quello che scrive la Frankfurter Allgemeine Zeitung oggi: il mondo si aspetta che l’Italia abbia presto un governo. Dal non governo non nasce l’alba di una nuova sinistra ma le macerie di quella attuale. L’unica soluzione sensata è un punto di accordo tra gli otto punti di Bersani e quelli di Berlusconi e la nascita di un governo di scopo che in otto mesi possa dare sollievo all’economia, tagliare i costi della politica, fare poche cose ma buone. Io sono per un mini compromesso storico, un compromesso storico bonsai.

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