Tra i nomi che hanno ottenuto un nutrito numero di preferenze, nelle votazioni per l’elezione del capo dello stato di ieri, è stato fatto quello di Sergio Chiamparino.
Che mi venga un colpo mi sono detto. Nel 2010 scrissi un libro “Imprenditori d’Italia” – Edizioni della Sera e in quell’occasione, per rispondere alla richiesta dell’editore che mi chiedeva di procurarmi la firma di un politico per la quarta di copertina, mi rivolsi proprio all’allora Sindaco di Torino. Il quale accettò. Piccola cosa, ma esempio di una certa disponibilità che Chiamparino non ha mai negato alla città. E’ stato sempre capace di sapersi presentare come un torinese tra i torinesi. Molto di più di Fassino, ad esempio, che è percepito come un corpo estraneo. Un governatore della provincia mandato da Roma.
Chiamparino, per usare una battuta, si potrebbe dire che rappresenta per il PD quello che la Multipla ha rappresentato per la Fiat. Un modello che girava tra i cassetti. Massì, avranno detto al Lingotto, proviamo. E si rivelò un successo.
Chiamparino è stato uomo d’apparato del partito. A partire dal PCI, passando per il PDS. Considerato il livello di litigiosità nel partito democratico, c’è da credere che su di lui non hanno contato e non ci contano in tanti. L’ottima considerazione che hanno avuto di lui i torinesi, sopravvalutandone i risultati, lo ha reso però interessante. Riferimento per tutta una serie di persone influenti di Torino che, malgrado siano passati centocinquant’anni, ha ancora un forte ascendente su Roma.
Sebbene Chiamparino nasce come uomo di sindacato, uomo di fabbrica, ha vissuto da Sindaco la trasformazione della città da centro industriale, il più grande d’Italia, in altro. A questo proposito suggerisco il volume “Detroit o Torino” di Cesare Damiano e Valentino Castellani. Le riflessioni che sono riportate permettono di capire la riflessione che è stata fatta e anima i salotti buoni di Torino. Quelli della Compagnia San Paolo ad esempio di cui, guarda caso, Chiamparino è divenuto Presidente.
A voler fare le malelingue, si potrebbe dire che tutte quelle cose che il Comune, oggi, non può più fare per via del grosso debito accumulato nel corso della precedente amministrazione, verranno fatte con il contributo dalla Compagnia di San Paolo. Aumentare di qualche punto percentuale i costi dei correntisti del San Paolo funziona meglio che aumentare la Tarsu.
Quel che è certo è che tutta una certa parte della Torino e del Piemonte che conta ha una visione del Piemonte che vuole esportare altrove convinta che sia la ricetta giusta. L’ Italia non è più in grado di essere un paese industriale, le sue risorse sono il territorio ed è da lì che bisogna partire. Se si gratta la figurina di Sergio Chiamparino compaiono quindi i volti di Carlo Petrini, di Oscar Farinetti che di Slow Food è il braccio armato. Compare Baricco. Compare Zagrebelsky. Compare Evelina Christillin. Compaiono Fazio e la Littizetto.
Non proprio un rinnovamento dei volti. Ma un’idea di rinnovamento del Sistema Italia che un certo numero di persone molto influenti vuole imporre.
E’ un discorso complicato, per via delle tante e troppe differenze del paese. Non vedo bene un sindacalista al Quirinale. Non ci leggo un grande messaggio. Il Capo dello Stato deve essere un grande italiano. Un esempio, una guida. Uno che rappresenti tutte le anime che lo compongono.
Non ce lo vedo Sergio Chiamparino, anche se un giorno avrei potuto dire che il mio libro l’aveva firmato il Presidente della Repubblica.