Skip to main content

Rodotà espressione più alta di rottura e cambiamento

La scelta del Presidente della Repubblica non e’ solo una disputa nominale, ossia limitata al nome: essa e’ l’espressione di una cultura, di una politica, di una storia politica, di cui e’ portatore ciascun candidato e, piu’ in generale, e’ la risposta della classe politica al ‘pensiero dominante’ in termini o di ‘continuità’ e ‘rafforzamento’ o, al contrario, di  ‘rottura’ e ‘cambiamento’. Quella si sta giocando in queste ore riguarda trasversalmente due schieramenti: l’uno a difesa della ‘continuità’ e del ‘rafforzamento’ dell’establishement culturale, patrocinato dalla Chiesa, che ha nella ‘ragione’ e nella ‘fede’ i suoi punti fermi e l’altro che invece immagina e persegue una ‘rottura’ e un ‘cambiamento’possibile avendo come stelle polari: libertà, uguaglianza, laicità. Il primo schieramento, l’alleanza di ferro tra Ragione e Religione o Fede, e’ alimentato di volta in volta da formazioni partitiche anche tra loro distanti: ad esempio tra Pd e Pdl. L’altro difficilmente si presenta nella trasversalità del primo: e’ piu’ radicato, anche se non omogeneo, in una ben definita cultura di sinistra. Quando Luigi Cancrini, psichiatra e psicoterapeuta, scrivesull’Unità: “Quello cui si arrivo’ in Parlamento nel ’76 fu il punto di arrivo di un processo preparato a lungo dalle ‘convergenze parallele’ di Moro e Berlinguer che avevano gettato le premesse di leggi fondamentali per il Paese, dallo Statuto dei lavoratori alla riforma sanitaria”, che in verità furono approvate la prima nel 1970, la seconda nel 1968, ed entrambe non sono state affatto figlie del compromesso storico, dove si colloca? Quando un ex-sindacalista della Cgil, il migliorista, Riccardo Terzi cita il discorso – 5 aprile 1963 – di Palmiro Togliatti sul riconoscimento della religiosità: “bisogna considerare il mondo comunista e il mondo cattolico come un complesso di forze reali”, e si rammarica che non ci sia stata un’iniziativa nazionale, dove si colloca? Quando ci si imbatte quasi quotidianamente nell’appello all’alleanza tra ‘credenti e non credenti’ dei marxisti ratzingeriani (Vacca, Tronti, Barcellona, Sorbi), o al rimpianto dei fulgidi anni ’70, quando dominava il compromesso storico, dove ci si colloca? Per automatismo ed assuefazione verrebbe da dire nel secondo schieramento! E se invece fosse il contrario? Ossia, l’imposizione – perche’ di questo si tratta – dell’alleanza ferrea tra le due Chiese – quella comunista e quella cattolica – fosse la ‘continuità’ e il ‘rafforzamento’ dello status quo, che significa poi anche l’ineluttabilità dell’austerità e dei sacrifici in ambito economico? In questo non ci sarebbe, non c’e’ differenza alcuna tra sinistra e destra, magari assemblati in un immaginifico ‘patto tra produttori’ che  non e’ stato ipotizzato dalla Cgil di Giuseppe Di Vittorio e Fernando Santi, diversamente dal ‘Piano per il lavoro’! Patto tra Ragione e Religione, come suggerisce il gesuita ‘francescano’ argentino, in quanto in fondo il benessere, la gioia di vivere, la bellezza del rapporto interumano e l’amore tra uomo e donna, non sono di questo mondo. Se viceversa le stelle polari sono liberta’, uguaglianza, laicita’ e diritti sociali e civili, immediatamente si va alla ‘rottura’ e al ‘cambiamento’ possibile dello status quo: uguaglianza totale nella fruizione, per tutti, uomini e donne, dei ‘beni materiali’ necessari alla sopravvivenza; libertà assoluta invece nella formazione dell’identità personale per ciascun individuo, attraverso la disponibilità dei beni ‘non materiali’ indispensabili; laicità nella netta separazione tra prerogative e funzione universale dello Stato e quella squisitamente privata di ogni fede religiosa, e non di una sola fede religiosa. Insomma, la Religione deve essere e restare un fatto puramente privato e non deve mai riguardare il ruolo e la funzione dello Stato. “Servirà un grande sforzo creativo, che ci dia la forza di mettere in discussione il senso comune e di pensare una società nuova, senza paura di sfidare vincoli e dogmi fin qui indiscutibili”, come scrive nel suo ultimo libro ‘Con le nostre parole’ il giovane turco Matteo Orfini. Ed e’ per tutte queste ragioni che Stefano Rodotà – autore del libro ‘Il diritto di avere diritti’ – candidato alla Presidenza della Repubblica, e’ l’espressione in campo piu’ alta della ‘rottura’ e del ‘cambiamento’, ovviamente non violento, dell’attuale sistema!


×

Iscriviti alla newsletter