La crisi finanziaria e del debito nell’Eurozona non ha portato l’attenzione solo sulla necessità di riforme negli Stati membri, ma ha anche aumentato le domande sui difetti istituzionali e sulla necessità di un ruolo maggiore per le politiche fiscali.
Le mani legate della Bce
L’eurozona, sottolinea un report di Deutsche Bank, è un’unione monetaria che può contare invece su pochi strumenti per quella fiscale, e ciò rappresenta un problema ogni volta che un membro è colpito da uno shock asimmetrico. In un’unione monetaria eterogenea infatti la banca centrale non può reagire di fronte a shock che colpiscono un singolo Paese.
Il confronto con gli Usa
Dato che questi fenomeni non riescono ad essere assorbiti attraverso il mercato, a differenza di quanto succede negli Usa, la stabilizzazione effettiva è possibile solo facendo ricorso a strumenti di politica fiscale.
Il focus sul medio-lungo periodo
La maggior parte dei Paesi con strutture federali hanno sistemi di stabilizzazione e di trasferimento che operano in modo da eliminare le disparità tra le regioni, come lo stanziamento di fondi mirati per evitare shock locali. Gli elementi di politica fiscale esistenti nell’Ue, come il budget, i parametri di finanza pubblica e il compromesso sull’unione bancaria, sono invece orientati più alla stabilità di medio-lungo periodo.
Una lotta comune
In questo contesto, la stabilizzazione effettiva degli shock regionali è nell’interesse di tutti i membri. Una resistenza alle crisi combattuta con interventi focalizzati rafforza la stabilità dell’eurozona nel suo insieme, grazie a una crescente sincronizzazione del ciclo economico.
Le opzioni
Le opzioni oggi più discusse per raggiungere un’integrazione fiscale più completa nell’eurozona sono il budget comune, un meccanismo di assicurazione contro le fluttuazioni cicliche più forti, un sistema contro la disoccupazione e uno di equalizzazione per gli oneri sul debito.
Il moral hazard degli Stati membri
Se tutti questi meccanismi poggiano su fondamenta economiche, d’altra parte possono rappresentare incentivi al moral hazard per i governi degli Stati membri. Come dimostrato dal Patto di Stabilità, questo dipende dal fatto che servono strumenti per disciplinare i governi e rispondere a sviluppi negativi. Questa prospettiva è cruciale per ogni riforma dell’architettura fiscale dell’eurozona.
I contributori netti
Dato che i Paesi in crisi dell’eurozona generano più o meno il 25% del Pil dell’eurozona, gli Stati meno colpiti probabilmente dovranno solo procedere con finanziamenti, con ripercussioni negative per la loro crescita. Lo sviluppo delle capacità fiscali comunque non risolverà i problemi strutturali degli Stati membri. Nel peggiore dei casi, tenderà a posticipare la loro eliminazione dato che ridurrebbe la forte pressione sul fronte delle riforme.
Il ruolo dell’autorità di sorveglianza
Quindi, ogni step in direzione di una maggiore integrazione fiscale richiede una forte autorità di sorveglianza che non solo prevalga sui governi che tentino di approfittarne, ma che sia anche abile a esercitare un’influenza sugli sviluppi strutturali negativi nei Paesi.