“La Rock star Draghi deve incidere una nuova canzone per l’Europa”. E’ il titolo a quattro colonne che il Wall Street Journal dedica al presidente della Banca Centrale Europea, celebrandone lo status “di prima celebrità” tra i banchieri centrali per aver salvato l’euro, e spiegando però che ora è sotto pressione per trovare il modo per rilanciare la ripresa in Eurolandia. Infatti, sottolinea il quotidiano a stelle e strisce, ormai si “crede nell’onnipotenza” delle banche centrali per ravvivare la crescita.
Il programma Omt
Il programma Omt, l’acquisto illimitato di titoli di Stato varato dall’Istituto con sede a Francoforte, ha scoraggiato i mercati dallo scommettere contro la rottura dell’euro ma, spiega il Wsj, “la trasmissione della politica monetaria” nell’eurozona non ha ancora ripreso a funzionare come dovrebbe. Le aziende dei Paesi periferici, come quelle italiane, devono pagare interessi più alti rispetto alle imprese dei Paesi core. “E questo è un enorme problema per le piccole e medie imprese, che rappresentano il 98% delle aziende in Eurolandia, il 75% dell’occupazione e in genere non hanno alternative ai finanziamenti bancari”.
Le disparità interne all’Ue
Citando uno studio di Goldman Sachs, il Wsj sottolinea che le Pmi in Italia e Spagna pagano quasi il 6% d’interesse su un prestito di 1,5 miliardi di euro compreso tra uno e cinque anni, mentre le aziende concorrenti di Germania e Francia circa il 3,5%. Quindi da Draghi ci si aspetta un nuovo colpo ad effetto per “risolvere questa situazione”, afferma il quotidiano Usa, chiedendosi però in che modo?
La necessità e i rischi di ulteriori finanziamenti della Bce
Secondo alcuni economisti la Bce dovrebbe usare le sue risorse per agevolare i finanziamenti. Ma ci sono tre problemi. Primo, è difficile capire quanto il credit crunch nei Paesi in crisi rifletta una flessione nella domanda.
Secondo, un intervento della Bce in questo senso comporterebbe inevitabilmente un’assunzione di rischio, non solo perché questa situazione riflette in parte il deterioramento del merito di credito. Naturalmente, non c’è ragione per cui le banche centrali non debbano assumersi questo rischio: lo fanno ogni volta attraverso i loro accordi collaterali, anche se intendono mitigare questo fenomeno mediante operazioni di haircut.
Un nuovo modello bancario
Terzo, la Bce deve fare attenzione perché i tentativi di sostenere modelli finanziari oggi falliti non escludono l’innovazione e l’urgenza di nuove strutture sostenibili per i sussidi. Il fatto che le banche europee abbiano fornito il 70% dei capitali necessari alle imprese è un elemento di debolezza, non di forza.
Dalle ceneri del fallito sistema bancario europeo potrebbe nascerne uno nuovo e più sano, che sappia accompagnare meglio la ripresa del Continente. Di sicuro, per questo non servono banchieri centrali superstar, ma una classe politica con lo sguardo lungo.