Le elezioni amministrative si sono concluse con alcuni dati molto importanti, su cui è indispensabile fare una riflessione molto seria.
Non sono d’accordo con chi sostiene che l’esito delle elezioni amministrative non abbia alcuna relazione con le elezioni Nazionali. Concordo, invece, con il prof. Ilvo Diamanti, quando sostiene che le elezioni amministrative come quelle regionali, hanno un impatto su quelle nazionali e viceversa.
A questa tornata elettorale erano chiamati a votare ben 7 milioni di italiani e non sono certo pochi. Il partito che ha vinto è sicuramente l’astensionismo. Il grande sconfitto è il M5S assieme al PDL e alla Lega Nord. Paradosso dei paradossi, il Partito Democratico, malgrado quanto accaduto nelle ultime settimane, ha tenuto bene e si trova in vantaggio in quasi tutte le città, anche se ora dovrà superare la prova del ballottaggio, il più atteso quello per il Sindaco di Roma.
Procediamo con ordine.
ASTENSIONISMO
Alcuni sostengono che il dato non sia preoccupante, altri parlano di un pericolo per la democrazia. Credo che il dato sia preoccupante, ma che non ci sia alcun pericolo per la democrazia, perchè la scelta di non votare è un dato politico. Cosa può nascondersi dietro la scelta di non votare? Davvero difficile da dire, ma tolti i derby, le gite fuori porta, i compleanni dei nonni e l’appuntamento con la fidanzata o il fidanzato, quelli che non vanno a votare lo fanno perché non hanno alcun valido motivo per farlo.
Nella mia personale visione della politica e della vita collettiva, il voto è un atto che mi impongo, perché non voglio che altri scelgano per me e sopratutto voglio il diritto di potermi lamentare se le cose non vanno come avevo pensato.
Chi non vota è totalmente disaffezionato dalla Politica, l’offerta d’altra parte è davvero scarsa.
Questo però, non è affatto “normale” anzi, è grave e preoccupante, perché in una società democratica la partecipazione al voto è un momento importante, meno persone andranno a votare meno gli eletti saranno legittimati e sopratutto, ci sarà una sorta di “dittatura” della minoranza, per cui una quota sempre minore di coloro che votano sceglieranno i gruppi dirigenti, e questo potrà dar adito ad accuse e forme di “scarica barile” (del tipo: ma chi avete votato? chi vi a messo li?) di cui gli italiani sono campioni: la colpa è sempre di altri, mai nostra.
Se da un lato questo fenomeno in costante crescita, l’astensionismo, è molto grave e preoccupante, non è affatto un pericolo per la democrazia, vediamola semmai come un’opportunità per il politico intelligente e avveduto, di farsi promotore di innovazione e cambiamento, proprio perchè avvisato che una quota di elettori non è soddisfatta della merce in piazza. Quindi, quel bacino crescente di delusi è lì pronto per essere “conquistato”.
PDL E LEGA NORD
La gloriosa armata è ormai a pezzi. Queste elezioni amministrative danno a Silvio Berlusconi un sonoro “schiaffo”, qualcosa che dopo il 25% circa ottenuto nelle ultime elezioni politiche (con quei famosi 8 milioni in meno di voti rispetto ai 5 anni precedenti) non si aspettava davvero. Nel nord il PDL perde ovunque, ma è sopratutto la Lega Nord a veder certificata la sua “fine” politica.
Nella tabella sottostante ho indicato i dati delle elezioni per i vari partiti per varie città. Il dato mi sembra parli da solo. E pensare che l’On. Biancofiore aveva da poco sostenuto che il PDL era talmente forte, che Berlusconi avrebbe potuto candidare una “capra” e avrebbe vinto comunque.
PARTITO DEMOCRATICO
La vera sorpresa è quella del PD. Un partito dato per morto, con il gruppo dirigente decapitato e con un mal di pancia perenne su ogni tema e confronto. Eppure gli elettori hanno o riconfermato gli amministratori locali o scelto quelli espressi dal CS. Perchè?
La Serracchiani, vincitrice per un soffio delle regionali in Friuli, dice che molti hanno vinto “malgrado” il PD. Ammiro Serracchiani, ma credo che queste genere di espressioni siano quello che non fa bene ad un partito che sta cercando di rinascere, dopo tanti fallimenti. La vittoria del PD praticamente ovunque, al netto dell’astensione, va da sé, è un segnale positivo, ma da prendere con grande cautela. Credo che la qualità del Partito Democratico sia quella di essere un vero partito. Cosa intendo? Molto semplice: sopravvive ai suoi leader e si basa su principi e valori che la gente possiede, in cui molti si riconoscono e per cui in molti sono pronti a sostenere grandi sacrifici, anche personali (digerire certi individui) pur di salvare il buono che c’è in questo “organo politico”.
Il PD, per sua fortuna, non è né il PDL né la Lega né il M5S, non è un partito personalistico e non si basa su una figura carismatica. Cosa accadrà al PDL senza Berlusconi? Un po’ quello che sta accadendo alla Lega senza Bossi, la dissoluzione. Cosa fa il PD senza Bersani? Senza Prodi? Senza Franceschini? Senza Veltroni? Sopravvive e va avanti. Questo è il punto di forza di questo partito, ma attenzione. La gente vota con criterio, i candidati proposti dal CS erano eccellenti, Ignazio Marino a Roma, davvero difficile non votarlo contro Alemanno, ma occorre anche raccogliere la sfida e fare qualche cosa di importante e risolutivo, per i tanti problemi del Paese. O con il congresso il Partito Democratico risorge, o anche questi ultimi baluardi di vitalità politica crolleranno.
M5S, CHE FLOP!
Ho lasciato per ultimo il M5S perché richiede una riflessione più approfondita, anche se potrei copiare il post di Gomez del fatto quotidiano per intero, dato che lo condivido.
I dati sono inequivocabile, checché ne dica e ne scriva il filosofo Becchi, il dato delle amministrative ha molto a che fare con quello delle Nazionali, come sostiene il politologo Ilvo Diamanti. Erano 7 milioni gli elettori chiamati a votare e la maggioranza ha negato il voto a Grillo e si è rifiugiata nell’astensione, il resto ha votato il CS e un po’ il CD.
Un politico con argomenti e con onestà intellettuale avrebbe tratto da questo dato disastroso almeno una conclusione: abbiamo sbagliato qualche cosa. Invece no, non so se vederci ingenuità o malafede, quando scrivono che la colpa è dei giornalisti o dei talk-show, o di twitter, oppure superficialità e arroganza pura, quando scrivono che esistono gli italiani di serie A e di serie B e chi non ha votato il M5S è quello che vive di inciucio e non vuole il cambiamento. Giocano d’attacco, e con poco stile, quei politici ormai al declino che non hanno altro che l’offesa e la volgarità (non è necessaria la parolaccia o la bestemmia) per difendersi, e giustificare le proprie mancanze.
Berlusconi docet, diamo la colpa agli altri, funziona sempre. Ma fino ad un certo punto.
Un movimento che doveva cogliere il dissenso e il malcontento, unire i delusi d’Italia si è trovato dalle 5 Stelle alle 5 Stalle, perché non nascondiamoci dietro un dito, quel 25% non diventerà mai un 30 né un 50 né un 100%. Malgrado la retorica degli ultimi tre mesi. Forse sarà un miracolo se resteranno ad un 10%, quello indentificato da Travaglio e Gomez come lo zoccolo duro dei meet-up e dei circoli, il resto andrà in astensionismo o tornerà ai Partiti Tradizionali.
Il cambiamento è stato abbandonato quando alle proposte di Bersani il duo Lombardi-Crimi ha risposto con qualche “sputo” figurato e qualche “insulto saputello”: non siamo mica a Ballarò! Ricordate? Ebbene, non siamo mica nel magico mondo del Blog di Grillo, quindi sveglia!
CONCLUSIONI
Una nota conclusiva la voglio dedicare al proliferare di liste civiche e di listine pro questo e pro quello. Con il M5S si è aperto uno nuovo scenario, quello in cui i cittadini comuni fanno politica, tornano ad impossessarsi dello spazio “politico”. Se l’intento è positivo, l’esito è spesso nefasto, come ha detto Travaglio: alcuni sono davvero imbarazzanti.
Mentre diminuisce la partecipazione politica di molti cittadini, si va trasformando la forma della partecipazione: diminuiscono i consensi ai partiti tradizionali e fioriscono gruppi autonomisti ( vedi il caso Valle d’Aosta) e liste civiche con anonimi signori e anime signore. Questo, ripeto può essere una risorsa, ma non sempre.
Chi disprezza l’esperienza politica di certi candidati, credo commetta un grave errore. Quando ci si trova ad affrontate questioni come: lavoro, istruzione, relazioni internazionali, giustizia, pensioni, riforme istituzionali, occorrono esperienza e competenze. Visione elitaria? Forse, ma la complessità sociale non consente di governare allo stesso modo di 1000 anni fa nè con gli stessi principi né con gli stessi strumenti.
Inoltre, per quanto interessante, la diatriba sugli scontrini, i rimborsi, le diarie, le presenza in Parlamento e quant’altro, non interessa agli italiani che non arrivano a fine mese, non interessano né alla massiaia che con 50 euro non compra più niente, né alla vecchietta che vive con 400 euro al mese, né all’operario con 2 figli che guadagna, se ha fortuna, 1000 euro, né al laureato che dopo tanti sacrifici finisce in un call center o in un mc donald’s sempre che ci riesca, né al piccolo imprenditore che a fine mese è in rosso con i pagamenti e magari ha diversi dipendenti da pagare.
La Politica è una scienza pratica: trovate soluzioni ai problemi reali delle persone, perché se qualcuno ha scelto lo ha fatto nella speranza che le cose potessero cambiare e migliorare. Non ci sono né talk-show né giornalisti che tengano, la delusione viene dalle aspettative tradite.