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La Biennale del Vaticano

Della Biennale di Venezia ci si ricorda spesso (e soprattutto) delle polemiche intorno agli artisti che vi partecipano ed alle opere che vengono esposte. Un evento, quello di Venezia, che ha visto, in passato, anche la presenza di opere piuttosto blasfeme. La 55^ edizione della Biennale che si aprirà domani (1 giugno) vedrà la partecipazione di un ospite d’eccezione, la Santa Sede. E questa partecipazione potrebbe essere solo la prima tappa verso una sorta di riconciliazione con il mondo dell’arte contemporanea che potrebbe sfociare in una partecipazione, ancora tutta da definire, all’Expo del 2015 a Milano.

L’idea della partecipazione
E’ da tempo che si discute circa una possibile partecipazione della Santa Sede alla Biennale di Venezia. Era stato Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani, a confermare qualche mese fa in un’intervista al settimanale paolino Famiglia Cristiana la possibile partecipazione del Vaticano alla kermesse artistica veneziana. Paolucci precisò, nel corso dell’intervista, che si trattava solo di una possibilità, ma era abbastanza evidente che la decisione finale era stata ormai presa. Ed è stato poi il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio per la cultura, ha spiegare che “sarà una prima volta, ma non abbiamo il nulla alle spalle”. Lo stesso Ravasi, infatti, ha ricordato come già in passato il Vaticano abbia mosso passi importanti nel campo dell’arte contemporanea: dall’incontro del novembre 2009 di 300 artisti con Papa Benedetto XVI alle 60 opere proposte da altrettanti autori per il sessantesimo anniversario dell’ordinazione del Papa emerito, tenendo ovviamente conto di come già nel 1958 si ipotizzò una possibile partecipazione della Santa Sede alla Biennale di Venezia.

Perché partecipare?
La domanda che molti si fanno è questa: ma perché il Vaticano dovrebbe mai partecipare ad un evento di arte contemporanea? Domanda più che lecita, alla quale ha voluto rispondere proprio il cardinale Ravasi in persona nel corso della conferenza stampa di presentazione dell’evento: “l’arte contemporanea è al centro dell’attenzione del Pontificio Consiglio per la cultura perché costituisce una delle espressioni più significative della cultura di questi decenni. Il progetto rappresenta, dunque, non solo una straordinaria novità, ma risponde ad uno degli scopi del dicastero, ovvero instaurare ed incentivare le occasioni di dialogo con un contesto sempre più ampio e diversificato”. Un Vaticano, quindi, sempre più attento a quelle forme di arte che vengono percepite dai più come “lontane” dal mondo della Chiesa, in omaggio a quel famoso discorso di Paolo VI risalente al 1964 e definito dal cardinale Ravasi come un “un discorso capitale per il rapporto tra arte e fede”.

Gli artisti
Grande curiosità vi è stata sin dall’inizio intorno ai nomi degli artisti che avrebbero rappresentato la Santa Sede al padiglione veneziano e, ovviamente, intorno alle opere che verranno esposte. La scelta dei responsabili culturali vaticani è ricaduta su alcuni artisti “laici”. Si tratta di opere di Studio Azzurro, Josef Koudelka e Lawrence Carroll. Opere che non saranno, a differenza di quello che ci si potrebbe aspettare, pale d’altare o oggetti di arte liturgica, bensì “creazioni” che dovranno reinterpretare il racconto dei primi undici capitoli della Genesi articolato in tre nuclei: la “Creazione”, la “De-creazione” e la “Ri-creazione”. Il cardinale Ravasi ha precisato che “tali opere, almeno per ora, non sono destinate alla liturgia. Però in futuro ciò potrà accadere perché vogliamo creare nelle chiese nuove un’atmosfera di dialogo tra arte e fede”. Del resto, sembra significativa una riflessione fatta dallo stesso presidente del dicastero vaticano della cultura: “la Chiesa ha reagito spesso ritirandosi davanti alle provocazioni dell’arte contemporanea, affidando l’arte al massimo a espressioni artigianali”.

Le critiche sui costi
Se il cardinale Ravasi, in primis, e la commissione scientifica, presieduta dal direttore dei Musei Vaticani Antonio Paolucci, hanno mostrato un grande entusiasmo per la partecipazione del Vaticano alla Biennale di Venezia, presentandolo come un passo importante verso un nuovo rapporto tra arte contemporanea e fede, da alcuni ambienti cattolici sono pervenute non poche critiche. Critiche sono giunte, innanzitutto, con riferimento alle spese dovute per la partecipazione, tanto che il Vaticano è dovuto intervenire recentemente per precisare che il padiglione costerà circa 750.000 euro, i quali verranno coperti integralmente da sponsor, quali Eni e IntesaSanPaolo.

L’attacco della (nuova) Bussola Quotidiana
Al di là delle critiche sui presunti costi dell’operazione, l’attacco più “pesante” alla decisione di partecipare all’evento in laguna è stato sferrato dal quotidiano online La Bussola Quotidiana. Quest’ultimo è un importante giornale cattolico composto da un gruppo di “giornalisti cattolici che vogliono offrire una bussola per orientarsi tra le notizie del giorno”. Un giornale sul quale spesso si possono leggere articoli di Vittorio Messori o del sociologo Massimo Introvigne. Significativo, in proposito, il titolo dell’articolo in questione: “Vaticano alla Biennale, come farsi del male”. Dopo avere messo in dubbio il “ruolo” culturale della manifestazione veneziana, il quotidiano si interroga sul senso della partecipazione della Santa Sede, scrivendo che “si può capire la spinta positiva data da Papa Francesco ad inoltrarsi nelle periferie dell’esistenza, ma la spinta verso tali confini non può e non deve dimenticare le virtù della prudenza e della sana convenienza”. Una critica, quella del quotidiano cattolico, che non risparmia nessun aspetto della partecipazione: “francamente, da qualunque parte ci si ponga a guardare la questione, il giudizio resta invariato. La posizione è ambigua. Lo stesso titolo scelto dal Vaticano è ambiguo, come gli autori impegnati a svolgere il tema lo sono”. E’ chiaro quindi che, in alcuni ambienti cattolici, la strada per una riconciliazione tra arte contemporanea e fede è ancora lunga.

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