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Boldrin vuole Fare per aggregare

I delegati regionali al primo congresso nazionale del partito hanno eletto domenica a Bologna Michele Boldrin come presidente nazionale di Fare per Fermare il declino. Boldrin è docente di Economia alla Washington University di Saint Louis.

Che cos’è Fare
“Fermare il declino” era stato lanciato a luglio 2012 dallo stesso Michele Boldrin oltre che da Sandro Brusco, Alessandro De Nicola, Oscar Giannino, Andrea Moro, Carlo Stagnaro e Luigi Zingales. A dicembre era seguita la fondazione del partito liberista “Fare per Fermare il declino” che alla Camera ha raccolto l’1,11% dei voti nelle elezioni politiche di febbraio.

I numeri del primo congresso
Michele Boldrin ha avuto il voto di 64 delegati, mentre Roberto Italia e Riccardo Gallo ne hanno raccolti rispettivamente 31 e 1. Quattro delegati non hanno espresso una preferenza alla prima votazione. Le prime consultazioni interne al partito hanno fatto ampio utilizzo della rete: i quasi diecimila iscritti aventi diritto al voto hanno indicato i presidenti regionali, i membri delle direzioni regionali e i delegati al congresso nazionale tramite una piattaforma web. Lo stesso “Manifesto per fare” che appoggia la candidatura di Michele Boldrin ha utilizzato la rete per svolgere delle mini-primarie tra i propri candidati e ha da qualche giorno lanciato LiquidFeedback per raccogliere e discutere in rete le proposte operative e per permettere agli aderenti di partecipare al processo decisionale.

 

Ecco la conversazione di Formiche.net con Boldrin.

Prof., ora che farà? Presiederà un partitino con meno voti dei Radicali? 

Ci siamo dati, per certo io mi son dato, sei mesi di tempo per vedere se il progetto avviato 9 mesi fa può recuperare la forza propulsiva che aveva allora e che aveva cominciato a generare un miracolo politico. A mio avviso le idee da noi avanzate e il metodo nuovo di far politica che avevamo proposto sono ancora validi ed utili al paese, proviamo a riproporli in modo nuovo, con persone nuove (oltre a molte delle precedenti) e con regole chiare e trasparenti. Nessunissima intenzione, da parte mia, di perder tempo a fare un micro partitino tutto ideologico dedito all’accanimento terapeutico.

Pensa dunque in grande? E come? E per fare cosa?

Se riusciamo a crescere in modo sostanziale durante questi sei mesi, sia recuperando i 70mila che ci hanno abbandonato perché delusi dai nostri errori sia aggregandoci con quegli altri (e sono molti) che alla fine cercano lo stesso cambiamento che noi cerchiamo, bene. Se così succede creeremo assieme una cosa nuova e ci lanceremo verso il futuro. Se dovessimo fallire – scoprendo che le nostre proposte non convincono l’elettorato di riferimento e che le ottime persone che oggi militano in Fare non sanno attrarre i tanti altri della medesima qualità che vivono in Italia – lo riconosceremo e passeremo la mano a chi si sentirà capace di far meglio di noi.

Si sente più vicino a Berlusconi, Grillo o Epifani?

Assolutamente equidistante, per davvero. E distante assai: come potrebbe essere altrimenti? Come posso scegliere fra un signore che ha solo raccontato bugie agli italiani, illudendoli, per acquisire potere politico al fine di perseguire interessi puramente personali; uno che fa altrettanto facendo finta di far l’opposto e che, acquisito il potere politico non lo sa usare se non a fini distruttivi; ed un terzo che vuole illudere i suoi elettori che non occorre fare cambi radicali per salvarsi e che, così facendo, danneggia sia la maggior parte dei suoi elettori che il paese nel suo complesso? Quando diciamo di voler essere alternativi a questa politica lo intendiamo davvero. Siamo convinti che in Italia vi sia abbastanza gente che un cambio radicale lo anela. Speriamo di esser capaci di fare in modo che si mettano assieme, queste persone, uscendo dalle gabbie ideologiche che, da decenni, le tengono intrappolate e politicamente impotenti.

Prof., c’è stato accanimento giudiziario contro Berlusconi come sostiene l’ex premier? 

Direi di no. I complotti sono, quasi sempre, scuse inventate da chi vuole celare le proprie responsabilità. Non faccio il giudice ma, nelle sue follie ed inefficienze, il sistema giudiziario italiano è iper-garantista per chi possiede le ricchezze sufficienti per assumere dozzine di avvocati che sappiano, appunto, usare le procedure di garanzia in essere per difendere il proprio cliente. Tutto questo diventa palese anche solo considerando il numero di casi in cui l’assoluzione (si fa per dire) è venuta grazie alla decorrenza dei termini. Strana forma di garantismo, per altro…

D’accordo, ma condivide i punti della riforma della giustizia invocata da Berlusconi anche nel corso del comizio a Brescia?

Mi permetta di chiederle: quale? Quelle che ha voluto far approvare, per cambiare il codice di procedura oltre che parti di quello penale, son sempre arrivate in porto. Quell’altra, quella che avrebbe fatto funzionare il sistema giudiziario nell’interesse collettivo, non mi è mai pervenuta. Ma è perfettamente possibile che questo si debba alla mia scarsa informazione.

Torniamo a Fare: quali sono i tre punti forti del movimento e quali saranno le prime iniziative che ha in serbo?

Ci siamo fatti da soli: se c’è un movimento politico, oggi in Italia, che sia davvero espressione della società civile, senza gruppi di interesse dietro o potentati economici che lo foraggiano, questo è Fare. Non vedo altro. Lei chi vede?

Prof., le domande le faccio io. Mi deve ancora dire i punti di forza programmatici di Fare.

Il nostro programma di riforma economico-sociale è stato uniformemente valutato come il più coerente ed efficace da ogni osservatore indipendente. E, di fatto, è anche quello che le forze politiche tradizionali hanno scimmiottato, qui e là, quando han voluto far finta di essere serie. Ovviamente poi se lo sono dimenticato. Ecco, noi vorremmo perseguirlo coerentemente.

E qui viene il terzo punto di forza: stiamo dicendo la verità agli italiani. Verità amara, ma verità perché pensiamo vi siano ancora milioni di italiani coraggiosi disposti a cambiare le cose per vivere meglio loro e, soprattutto, i loro figli e nipoti. Le persone che aderiscono a Fare hanno sia la comprensione della natura drammatica di questa situazione che la capacità e la volontà di affrontarla. Questo il nostro punto di forza maggiore.

Errori e meriti di Oscar Giannino.

Se non le dispiace lascio questa domanda ad altri. Ho già risposto una dozzina di volte e non voglio ripetermi continuamente. Giannino due meriti li ha, comunque: è un uomo coraggioso che persegue i propri obiettivi e sa comunicare le proprie idee in modo esemplare.

Perché ha scaricato Giannino?

Non ho scaricato nessuno, non ne avevo il potere. I fatti sono lì e lascio ai suoi lettori e alla storia decidere. Io ora mi son posto solo l’obiettivo di andare avanti per fare in modo che le idee che avevamo lanciato assieme nel luglio scorso non cadano nel dimenticatoio della storia.

Pensa davvero che gli italiani per di più in un periodo di crisi vogliano più libertà e non più sicurezza, quindi più spesa pubblica e più Stato?

Non vi è opposizione oggi fra maggiore libertà e maggiore sicurezza: una causa l’altra e viceversa. Sicurezza e libertà, alla distanza, vivono o muoiono assieme: basta guardare la storia del mondo e dell’Europa in particolare per capirlo. La sicurezza viene solo da un sistema economico, sociale e politico che liberi le energie produttive, sia individuali che collettive, per massimizzare il bene comune, garantendo che quelle stesse regole che danno incentivo a far crescere la ricchezza totale permettano anche che questa si distribuisca in base al merito e non ai privilegi. La libertà di perseguire il proprio benessere economico costituisce la miglior protezione che i non privilegiati, gli esclusi dalla protezione politica che oggi in Italia abbondano, possono desiderare: solo in un Paese che cambia ed evolve attraverso la mobilità sociale e la crescita economica vi possono essere sia libertà individuale che sicurezza collettiva. Non vedo alternativa al declino che, altrimenti, ci travolgerà.

Che razza di moneta è quella europea se non ha una vera banca centrale come avviene in Usa, Giappone e Inghilterra?

A lei sembra davvero che l’euro non sia ben difeso? Ma se tutti protestano perché è troppo forte ed ha tutt’ora un tasso di cambio rispetto a tutte le altre monete tanto alto quanto lo aveva prima della crisi? Lei si ricorda dove viaggiava l’euro, per dire, nel 2001-2002? Le sembra più forte ora o allora? Se c’è un lavoro che la Bce ha fatto bene (altri li ha fatti meno bene o anche male) è stato quello di difendere l’euro. Il fatto è che i problemi economici e sociali non si risolvono, di per sé, né con la moneta forte né con quella debole. Si risolvono solo con riforme strutturali che danno ad ognuno gli incentivi appropriati per fare il proprio meglio contribuendo al benessere generale attraverso la propria emancipazione individuale. Non contro o a scapito degli altri ma con ed in cooperazione con gli altri.

Non siamo alla concorrenza sleale nella guerra monetaria con Bce che ha mani legate rispetto a Fed, BoE e BoJ che posso stampare moneta acquistando a man bassa titoli di Stato e fare altre operazioni poco ortodosse rispetto agli standard europei?

Di nuovo, in che senso legate? A me sembra che la Bce faccia ciò che ha sempre detto di voler fare e lo faccia adeguatamente, come ho detto prima. Come Draghi ha abbondantemente spiegato non è stampando tonnellate di biglietti da 500 euro che si aggiustano il sistema giudiziario e scolastico laddove non funzionano, che si aumenta il capitale umano quando un Paese non ce l’ha e non adotta politiche finalizzate ad aumentarlo, che si aumenta la produttività del lavoro o si fa crescere il livello tecnologico delle imprese, che si elimina la corruzione, la burocrazia folle, eccetera, eccetera. Inutile e sciocco chiedere a chi stampa moneta di fare miracoli stampandone di più. La moneta, alla fine, è solo un pezzo di carta. Può solo aiutare a misurare il benessere sociale ed a distribuirlo, non lo crea da sola. Il benessere sociale lo si crea solo lavorando bene nel rispetto delle regole degli incentivi adeguati. Son questi che vogliamo cambiare.


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