Caro governatore,
visto che il morbo infuria e il pan ci manca, prima di innalzare bandiera bianca, potrebbe stampare un po’ di moneta in più?
Guido Carli usava raccontare l’aneddoto di una lettera scritta da una ragazza che gli chiedeva di creare più lire per far fronte ai bisogni della madre malata. Beatà ingenuità? Mica tanto, siamo davvero sicuri che non la pensi così non solo la gente comune, ma persino la classe dirigente?
Il giubilo per la fine della procedura di infrazione e il tesoretto da spendere, in fondo, cos’è se non la convinzione che l’economia funzioni con la cornucopia azionata dalla banca centrale?
Intendiamoci, stampare euro è esattamente quel che sta facendo Mario Draghi. Ancora troppo pochi secondo Pier Carlo Padoan, capo economista dell’Ocse, il quale ha chiesto che i tassi d’interesse scendano di nuovo. Pericolosamente troppi, a sentire i rumorosi borbottii di Jens Weidmann, presidente della Bundesbank. Ma la politica monetaria espansiva non è la panacea e non sottrae la politica fiscale ai suoi compiti. Ciò è ancor più vero per l’Italia.
Caro governatore, allora domani gliela canti ai signori partecipanti. Dica ai banchieri di allentare i rubinetti del credito e aumentare il patrimonio delle banche. Dica agli industriali di investire nelle loro aziende. Dica ai politici di tagliare la spesa pubblica invece di inseguirla con tasse che pagano sempre gli stessi. Dica ai servizi di aprirsi alla concorrenza e ai petrolieri di sciogliere il loro connubio di fatto. Dica ai sindacati di abbandonare l’illusione delle variabili indipendenti. Ma lanci anche un messaggio chiaro all’Eurolandia.
E’ ora di cambiare lo stesso trattato di Maastricht, varato quando non era caduta l’Unione sovietica. I due criteri base, il debito al 60% del pil e il deficit al 3%, del resto, vennero decisi da Germania e Francia su base politica non economica.
Angela Merkel sta pensando a nuovi trattati, anzi sembra che i testi siano già stati scritti dalla Cancelleria. Berlino vuole una unificazione delle politiche fiscali, ma senza mutare la sua. Vanno bene gli Stati Uniti d’Europa, non l’Anschluss. Esistono proposte ben diverse e altrettanto europeiste, anche in Italia. Paolo Savona, ad esempio, ha lanciato una riforma ambiziosa e ben congegnata.
Ci sarà da battagliare e da negoziare. Bisognerà fare appello alla volontà e all’intelligenza. Per questo occorre essere credibili, con un governo che governi, una classe dirigente che ritrovi il senso di sé dopo le sbandate grilline di importanti industriali e rinomati opinionisti.
Caro govenatore Visco, lei che è un asso della macroeconomia e ha esperienza internazionale, dica lei una parola chiara e forte.
Stefano Cingolani