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Confindustria, la lezione frastornata di Monti

Ci deve essere qualche motivo para-psicologico, ormai, nell’irritazione con cui Mario Monti parla degli industriali italiani e dei vertici della confederazione di viale dell’Astronomia. Certo, le critiche di Confindustria, ad esempio, sulla riforma Fornero hanno lasciato il segno. Così come l’esito non esaltante di Scelta Civica ha forse fatto pensare a Monti che la base confindustriale non si sia troppo scaldata per la lista montiana.

La posizione di Bombassei e Montezemolo

Non possono bastare le sole motivazioni politiche a comprendere le sortite anti Confindustria dell’ex premier e leader di Scelta Civica. Sortite che, con tutta probabilità, non avranno convinto Alberto Bombassei, patron di Brembo, ai vertici di Confindustria per anni, poi candidato sconfitto da Giorgio Squinzi alla presidenza dell’associazione degli industriali, e ora vicepresidente di Scelta Civica oltre che parlamentare montiano. E chissà se anche Luca Cordero di Montezemolo, presidente di Ferrari, ex presidente di Confindustria e fondatore di Italia Futura che ha contribuito alla nascita di Scelta Civica, apprezza i toni astiosi di Monti verso Confindustria.

Le parole di Monti

“E’ sempre molto utile che il presidente di Confindustria parli, ma in questo caso trovo la denuncia di Squinzi fuoriluogo per i toni e i contenuti”, ha detto il senatore, intervenuto ieri mattina a Omnibus su La7. “Per quanto riguarda i toni, assistiamo da qualche tempo a una Confindustria che per ogni dichiarazione che fa, suona la campagna a morte – ha spiegato Monti – e mi chiedo se questo possa giovare a creare quella domanda di cui si lamenta l’assenza e se toni più pacati e meno liquidatori non potrebbero essere altrettanto corretti ma meno allarmistici”.

La diatriba sul baratro

Il disincanto ottimistico di Monti arriva a considerare quasi fisiologico lo stato dell’economia italiana, in profonda recessione: “E poi – ha continuato Monti – non è affatto vero che siamo sull’orlo del baratro, il problema dell’economia italiana è che stiamo lentamente scivolando sulla pendenza di un declino e per quanto riguarda il da farsi, il concetto di ‘fate presto’ caro agli industriali è sacrosanto, ma prima dovrebbero dire ‘noi facciamo immediatamente’ e ‘voi, autorità politiche e istituzionali fate presto'”.

Le colpe della bassa crescita

Ma è l’analisi delle cause della crisi italiana a sbalordire: non la zavorra del debito pubblico italiano, secondo Monti; non i tassi di interesse italiani pagati dalle imprese italiane che devono subire la “concorrenza sleale” di quelle tedesche che posso finanziarsi a tassi più bassi, secondo Monti; non il rigore teutonico nei conti pubblici che ha prostrato l’Italia, secondo Monti; non l’elevata pressione fiscale che ha raggiunto il primato durante il governo Monti; ecc. No, è tutta colpa degli industriali. Gulp.

L’attacco a Confindustria

Secondo Monti, infatti, “se da 15 anni l’economia italiana cresce molto meno di quella europea, gran parte della responsabilità sta nella casa delle imprese e dei sindacati italiani: responsabilità di scarsa considerazione autocritiche su certe lacune storiche del capitalismo italiano e criticità soprattutto da parte di Confindustria per avere non sempre sollecitato maggiore economia di mercato, maggiore concorrenza e liberalizzazioni”.

Critiche improprie

D’accordo, la concertazione fine a se stessa è deleteria, specie quando è stata poco innovativa. Certo, il nanismo imprenditoriale è cosa nota ed è spesso in connessione con la natur famialire di molte aziende italiane. E Confindustria si deve barcamenare tra interessi di varia natura e a volte in conflitto, vista la su base associativa eterogenea, come ha sottolineato Guido Barilla criticato però da Fulvio Conti (Enel) e Mauro Moretti (Fs). Ma arrivare a dire che la Confindustria negli ultimi anni non si sia battuta per maggiore concorrenza e per le liberalizzazioni significa stravolgere, e non riconoscere, parole e opere della Confindustria di Luigi Abete, Luca Cordero di Montezemolo, Emma Marcegaglia e Giorgio Squinzi.

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