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Energia e politica: quali sono le priorità?

dal Festival dell’Energia 2013: talk show “Energia e politica: quali sono le priorità?” (venerdì 24/05)

Costo dell’energia, competitività e politica industriale, stallo degli investimenti, incentivi, mercato unico e calo dei consumi: uno dietro l’altro i problemi vengono al pettine.
Fin dalle prime battute Guido Bortoni, Presidente AEEG, ricorda che il valore dell’energia, oltre a quello intrinseco e concreto, di cui non possiamo fare a meno, è quello di produrre coesione. Essere in grado di sviluppare una progettualità a livello di Comunità Europea, significa rafforzare il senso di coesione e di appartenenza all’Europa. In questo senso lavora anche il regolamento europeo per le infrastrutture, recentemente approvato; il regolamento parla della realizzazione di un progetto per nuove infrastrutture europee, per un totale di 200 miliardi di euro di investimento. Si tratta, dice Bortoni, di infrastrutture “della casa Europa”. Un provvedimento importante perché per la prima volta, l’Europa entra in maniera decisa nella progettazione delle infrastrutture di rete.
Questo valore aggiunto dell’energia, cioè creare coesione, entra in gioco anche nelle relazioni con i Paesi emergenti e in via di sviluppo: intorno a questi temi e a queste sfide può essere possibile sviluppare una politica diplomatica e di relazioni molto efficace e produttiva.
Lorenzo Bini Smaghi, presidente Snam, sottolinea in particolare il ruolo dell’Europa e l’importanza di un intervento dei paesi europei che sia coordinato, con i paesi per esempio del nord Africa, attraversati da movimenti di rivoluzione politica (e della politica energetica) imponenti: “la possibilità per i Governi di questo paesi di instaurare delle relazioni positive e produttive tra loro diventa reale solo se c’è si siedono intorno a un tavolo che prevede la presenza anche di un Paese europeo o dell’Unione Europea stessa”.
Ma il confronto con un mondo globalizzato significa anche la necessità di restare competitivi su quel mercato. Da questo punto di vista, Chicco Testa, presidente Assoelettrica, porta il caso degli Stati Uniti che in soli sette anni sono riusciti a diventare indipendenti sul fronte energetico (grazie alla rivoluzione rappresentata dallo shale gas) e stanno oggi avviando una fase di reindustrializzazione importante: “le imprese americane tornano a costruire impianti nel loro paese per poter godere di prezzi dell’energia particolarmente bassi”, tanto da compensare un costo della manodopera che in altri contesti è decisamente inferiore. Da noi, questa prospettiva è un miraggio: per le nostre industrie, come sappiamo, il prezzo dell’energia è il più alto in Europa. Noi, in Italia, non abbiamo shale gas, ma ci sono aree dell’Europa in cui le riserve possono essere significative, Ucraina e Polonia, per esempio. Se avessimo un vero mercato dell’energia in Europa, potrebbe essere possibile sviluppare delle politiche sui costi energetici tali da garantire dei benefici comuni, in termini di prezzi dell’energia, a tutti i paesi che compongono l’Unione.
Quello del mercato unico è un tema decisamente importante per Guido Bortoni che propone un paragone con il mercato del gas: “l’Italia potrebbe essere considerata una grossa provincia del gas e solo integrandola nel contesto europeo possiamo uscire da questa situazione. Oggi è possibile proprio perché i fondamentali sono europei, nel settore gas, a differenza di quanto accade nel mercato elettrico. Oggi finalmente i risultati di questa integrazione cominciano a vedersi anche sulle bollette che paga l’utente finale, ma dobbiamo ricordarci che la ricetta nasce a monte.”
A introdurre il tema crisi è Francesco Giorgianni, Responsabile Affari Istituzionali Enel, che ricorda come la strategia di Lisbona prevedesse una crescita lineare del 3% annuo fino al 2020, mentre sappiamo che il tasso è stato decisamente inferiore. “Dobbiamo essere in grado di elaborare strategie molto flessibili, che tengano conto del fatto che le economie sono molto interdipendenti”. La crisi ci costringe anche a rivedere il rapporto tra ambiente e sviluppo, ha dichiarato Chicco Testa: “Dobbiamo ricordarci che da sempre la causa principale di morte e sofferenza è la povertà. L’agenda del mondo è cambiata. Ricostruire una possibilità reale di sviluppo e di crescita nel nostro Paese, e nel mondo, è prioritario”. “Questo non vuole dire”, continua Testa, “non tenere nella necessaria considerazione le problematiche ambientali, ma collocarle nella prospettiva migliore”. In particolare, il presidente di Assoelettrica cita i numerosissimi i casi di contestazioni territoriali che attraversano il Paese e tengono in ostaggio la realizzazione delle infrastrutture: “oggi gli imprenditori in Italia si sentono sudditi”. Una situazione che genera uno stallo drammatico.
Una considerazione che Bini Smaghi condivide, sottolineando però come il tema sia sempre più generalizzato e non solo italiano (il Financial Times riporta le contestazioni dei produttori di birra tedeschi contrari allo shale gas perché la sua estrazione potrebbe provocare inquinamento dell’acqua con cui la birra viene prodotta). “Bisogna essere pragmatici e fare molta moltissima informazione sui fondamentali dell’energia e del mercato energetico. A non sapere sono in molti, anche all’interno di quella che consideriamo l’élite del Paese”.
La crisi influisce direttamente sui consumi, delle imprese prima di tutto e poi delle famiglie, e a ridurre i consumi interviene anche l’efficienza energetica, che è però un tema essenziale, soprattutto rispetto alle problematiche ambientali: come uscire da questo circolo vizioso? Per come coniugare allora una ripresa del settore energetico. Industria ed energia sono infatti legate a doppio filo.
Per Paolo Gallo, AD Acea, non è necessario immaginare il mercato dell’energia come un mercato in perenne crescita. “Quello che possiamo immaginare però è che si aprano altri ambiti di utilizzo dell’energia elettrica, altri settori che potrebbero aprirsi ai consumi elettrici: questo consente di recuperare quanto si perde per effetto dell’efficienza, che è comunque un valore positivo, e del calo dei consumi. Perché sia possibile abbiamo bisogno di infrastrutture più intelligenti”. L’auto elettrica è solo uno di questi possibili ambiti.
Dell’importanza delle infrastrutture parla ancora Bortoni: la presenza delle infrastrutture rende credibili le alternative per l’approvvigionamento; questa credibilità può agire direttamente sul prezzo dell’energia nel mercato. “I prezzi vanno su e giù in funzione delle opportunità alternative delle fonti di approvvigionamento; rendere credibile l’alternativa dello shale gas può portare a più miti consigli i nostri fornitori abituali di energia. Ma perché l’alternativa sia credibile devono esserci le infrastrutture che concretamente possono consentire un diverso percorso all’energia”.
Come realizzare infrastrutture in un periodo di crisi così radicale è uno dei dilemmi principali. Per Bortoni vanno finanziate dalla collettività attraverso le tariffe, ma il regolatore deve usare un criterio chiaro nel momento in cui valuta se un’infrastruttura può essere finanziata in questo modo oppoure no: l’infrastruttura può essere sostenuta attraverso la tariffa se introduce un beneficio, cioè da una riduzione di prezzo all’utente finale maggiore del costo che il suo realizzarla comporta. Occorre per questo fare le proprie valutazioni sulla base di una dettagliata analisi costi – benefici.
La questione incentivi è altamente divisiva, in particolare per quanto riguarda le rinnovabili. Certamente, sostiene anche Agostino Re Rebaudengo, presidente Aper, la politica per gli incentivi non è stata calibrata nella maniera corretta. Un percorso verso un futuro verde deve essere graduale e proposto in maniera da coinvolgere e comprendere tutti gli operatori energetici, anche quelli legati alle fonti fossili. La green economy non può essere, come dice Testa, un ghetto: tutte le innovazioni che consentono di ridurre le emissioni, e tutte quelle imprese che le applicano, devono essere considerate parte di questa nuova visione green.
Insomma, la politica energetica deve essere anche una politica industriale, come sostiene Giorgianni, e la fase di transizione verso un futuro rinnovabile va gestita, tenendo presente l’obiettivo comune, salvaguardando l’ambiente, ma anche lo sviluppo e lavoro.

Guarda il video dell’appuntamento.
Reportage fotografico Festival 2013 a cura di Matteo Casilli.



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