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Giustizia rapida. Dopo “solo” 24 anni contrordine: il calciatore Bergamini fu ucciso!

Donato Bergamini, nel lontano 1989, sarebbe stato ucciso “per motivi passionali”. Ieri il Procuratore della Repubblica di Castrovillari, Franco Giacomantonio, ha inviato un avviso di garanzia per “concorso in omicidio volontario” a Isabella Internò, ex fidanzata del calciatore del Cosenza, morto il 18 novembre d di 24 anni fa, investito da un camion. La Procura della città calabrese ha accertato che Bergamini era già passato a miglior vita, quando fu investito dal camion e, dunque, non si gettò sotto il mezzo, come stabili’ la prima, lacunosa inchiesta.

La Internò è l’unica testimone oculare di quel presunto, tragico “incidente stradale” che, fino a qualche anno fa, era ritenuto la causa della morte del promettente centrocampista di Ferrara. Ad avvalorare la tesi che Bergamini si fosse suicidato erano state, all’epoca, proprio le testimionianze della ragazza e del camionista, che era alla guida del mezzo, carico di agrumi, che avrebbe investito il giocatore, provocandone la morte.

Lo scorso anno, nell’ambito della nuova inchiesta, avviata dopo le denunce dei familiari e dopo un libro scritto da un ex calciatore, Carlo Petrini,  la Procura di Castrovillari affidò ai RIS di Messina e a un medico legale l’incarico di effettuare nuove perizie e accertare le vere cause della morte.

Non ci si può, comunque, non chiedere cosa abbia impedito, in questi lustri, ai carabinieri, ai poliziotti, ai magistrati di comprendere il reale movente del fattaccio e di fare, bene, il proprio lavoro. Per quali ragioni sono stati sprecati tanti anni per scartare l’ipotesi del suicidio e orientarsi verso la pista passionale? Se la coraggiosa sorella di Bergamini, Donata, non si fosse rivolta alla trasmissione di RAI 3, “Chi l’ha visto?”, e se l’ex calciatore del Bologna, Carlo Petrini, scomparso lo scorso anno,  non avesse scritto un libro sul caso, gli incartamenti dell’istruttoria sarebbero stati mai tolti dai polverosi archivi ?

Interrogativi inquietanti, ai quali non soltanto i tifosi del Cosenza e i familiari dello sfortunato mediano, ma tutto il mondo dello sport dovrebbe, con forza, sollecitare risposte serie e convincenti. Da parte sua, i media, prima di mitragliare, in prima pagina, come notizie certe, delle congetture, dovrebbero controllare, con scrupolo, le presunte “certezze”, soprattutto per non provocare nuovo dolore ai familiari di Bergamini.

Alla maggioranza degli sportivi calabresi, dei tifosi del “magico Cosenza” del compianto Bruno Giorgi, di Gianni Di Marzio, di Gigi Simoni e del capitano rossoblù, Renzo Castagnini, fa piacere ricordare Bergamini non orrendamente mutilato o schiacciato da un pesante automezzo. Ma vivo, forte e sano, come un tesserato corretto e un professionista serio.

Resterà, sempre, nella mia memoria, l’immagine di un atleta biondo, bello, coscienzioso, attaccato alla maglia rossoblù, che indossò per 5 stagioni, facendosi onore e meritandosi i consensi del pubblico, dei tecnici e dei giornalisti. Come ha scritto, in una bella canzone, Francesco De Gregori, un calciatore va giudicato, soprattutto, per il coraggio, per l’altruismo e per la fantasia. E Bergamini aveva fantasia e, soprattutto, grinta, generosità, volontà, agonismo.
Tutte qualità, che resteranno vive nella memoria, mia e di tutta Cosenza, che non potranno essere, mai, cancellate dall’amarezza, dal dolore e dallo sdegno per quanto di tragico e agghiacciante sarebbe avvenuto in quel triste e piovoso pomeriggio di novembre del 1989.
Ricordo la grande chiesa di Cosenza, in piazza Loreto, affollatissima, per l’ultimo, commovente saluto al centrocampista emiliano. E la partecipazione al cordoglio della famiglia del ragazzo, dell’affranto padre, di Donata e della squadra rossoblù, dimostrata anche dai tifosi del Catanzaro e della Reggina, che si strinsero, con amicizia e solidarietà, ai loro rivali, mai nemici, di tanti combattutissimi derby, in occasione della cerimonia dello straziante addio al giovane e rimpianto calciatore.

Pietro Mancini


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