Un piccolo gesto, ricco di significato. Google riconosce l’esistenza dello “Stato” di Palestina. È questo il nome che compare nella pagina del motore di ricerca digitando l’estensione “.ps”. Il colosso informatico di Mountain View abbandona così la dicitura Territori palestinesi e rispetta il voto con cui lo scorso novembre l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha riconosciuto la Palestina come Stato osservatore non membro. Riconoscendo quindi un’entità statale palestinese.
I sì furono 138, nove i voti contrari, su tutti Israele e Stati Uniti, 41 i Paesi che si astennero. L’Italia votò a favore della risoluzione. Una decisione in cui si propose per la prima volta quella spaccatura tra ministero degli Esteri e governo che sarebbe ricomparsa nella questione marò. L’allora ministro Giulio Terzi, già ambasciatore in Israele, consigliò ai palestinesi di desistere. Una nota del governo diede invece il via libera.
Più o meno lo stesso accadde lo scorso mese, quando la Farnesina decise di non rimandare in India i due fucilieri di Marina del Battaglione San Marco accusati dell’omicidio di due pescatori scambiati per pirati e da Palazzo Chigi arrivò l’indicazione opposta.
LA SPIEGAZIONE DI GOOGLE
“Ci atteniamo all’Onu, all’Icann (garante dei nomi per i domini internet) e all’Iso (Organizzazione internazionale per la Standardizzazione) oltre ad altre organizzazioni internazionali“, ha spiegato il portavoce di Google, Nathan Tyler.
La grande G risponde così alle richieste inviate dalla dirigenza palestinese a società e aziende internazionali. Per i palestinesi si tratta di un passo nella giusta direzione, tanto più importante considerato che Google è uno dei marchi più importanti al mondo, e il suo Ceo, Eric Schmidt è impegnato in tour in Paesi sensibili come il viaggio di gennaio in Corea del Nord e quello del mese scorso in Birmania.
LE CRITICHE DI ISRAELE
Critiche sono invece arrivate da Israele. Secondo il portavoce del ministero degli Esteri, Yigal Palmor, citato dall’agenzia France Presse, la decisione di Mountain View pone questioni riguardo “il coinvolgimento di un’azienda privata nella politica internazionale”.
LA POSIZIONE DELLA CINA
Intanto, secondo quanto riporta il quotidiano Haaretz, la Cina sembra intenzionata a giocare un ruolo diplomatico tra palestinesi e israeliani. Sia il premier israeliano Benjamin Netanyahu sia il presidente palestinese Abu Mazen saranno a Pechino la prossima settimana. Sebbene le agende siano diverse, le visite dei due leader potrebbero incrociarsi nella capitale cinese martedì.
La Cina, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri, è pronta a organizzare un incontro se ci dovesse essere richiesta di farlo. La settimana scorsa l’inviato speciale di Pechino per il Medio Oriente ha avuto colloqui con entrambe le parti. “Lo stallo dei colloqui di pace non riguarda soltanto la stabilità del Medio oriente, ma di tutto il mondo”, ha detto Wu Sike, “Premere per una soluzione avrà un impatto positivo su tutta la regione”.
Funzionari israeliani citati da Haaretz hanno tuttavia detto che al centro della visita del premier ci sarà l’economia. Resta inoltre da capire che ruolo potrà avere Pechino, negli ultimi 20 anni un po’ in disparte nella questione israelo-palestinese – scrive il giornale – che ricorda le posizioni di Pechino riguardo la crisi siriana, sicuramente più simile a quella dei russi vicini ad Assad che al governo israeliano.