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Grecia, tutto è bene quel che finisce male

Le ultime dalla Grecia ci dicono che il sole è tornato a splendere sull’Ellade. Se le cronache raccontano della disperazione crescente di un popolo, chiamato a far i conti con la mancanza di tutto e a vivere sotto l’ipoteca di un debito eterno, è solo perché i giornalisti hanno notoriamente la vista corta. Al contrario dei banchieri che dopo (non) aver previsto lo sfacelo che andava maturando, oggi ci dicono che “in termini di economia reale e di sistema bancario la situazione si sta invertendo”.

“Dopo tre anni di profonda crisi, – spiegano – la stabilità del sistema bancario non è stato solo mantenuta, ma si è rafforzata”.

Così almeno la racconta George A. Provopoulos, governatore della banca centrale greca, che ha parlato lo scorso 23 maggio a una conferenza sulla crisi nell’eurozona. Una lettura edificante, se non altro perché riepiloga cosa sia accaduto in Grecia negli ultimi anni.

“L’entrata della Grecia nella zona euro nel 2001 – dice – è stato visto da molti come segno di una trasformazione nella performance economica del paese”. Addirittura l’inizio di un nuovo regime economico.

Fra il 2001 e il 2008 accade il miracolo. La crescita reale media del Pil è stata del 4% l’anno, l’inflazione si abbassa a livelli minimi e lo spread fra i bond sovrani Greci e quelli tedeschi crolla fra i 10 e i 50 punti base dai 600 di fine anni ’90.

La Grecia, insomma, diventa una sorta di paradiso terrestre.

“Tuttavia – riconosce il nostro banchiere – in quegli anni la Grecia stava vivendo pericolosamente. Si stavano costruendo squilibri insostenibili sia sul versante fiscale  che su quello estero”.

Ma tutto ciò rimase sotto silenzio fino all’esplosione della crisi. Nel 2009 il deficit fiscale aveva superato il 15% del Pil, il debito pubblico veleggiava intorno al 130% del Pil, la competitività era crollata del 30% e il saldo del conto corrente, già nel 2008, aveva raggiunto un deficit pari al 15% del Pil.

Il disastro era sotto gli occhi di tutti, che però preferirono non vedere. “I grandi e crescenti squilibri avrebbero dovuto allarmare i mercati”, che però non fecero nulla. Ancora nel 2008 gli spread col Bund erano bassi, malgrado la banca centrale greca iniziasse a lanciare i suoi moniti sul’insostenibilità dei deficit gemelli.

 Il bubbone scoppiò nel 2009, quando venne fuori che il deficit fiscale sarebbe stato superiore del previsto, ma soprattutto quando iniziarono a defluire dalle casse greche le ingenti quantità di risorse che fino ad allora avevano alimentato il bengodi ellenico. Gli spread, semplicemente, esplosero. Il debito greco uscì fuori mercato.

Nel 2010 il governo greco firmò il suo primo programma con il Fmi e i partner dell’eurozona che prevedeva consolidamento fiscale e riforme strutturali. Il primo portò a una recessione brutale, “peggiore di quanto ci si aspettava, perché si insisté più sull’aspetto fiscale che sulle riforme”.

La crisi del debito contagiò le banche, imbottite di titoli di stato. “Prima della crisi – dice il governatore – il sistema bancario aveva buoni fondamentali, senza titoli tossici e un basso livello di loan-to-deposit ratio”. Il totale degli asset bancari era intorno al 200% del Pil, un livello basso, se paragonato con quello di altri paesi.

Ma ciò non salvò le banche. La crisi del debito sovrano, e una serie di downgrade, espulsero la banche elleniche dai mercati, provocando una fuga dai depositi (per lo più incrementati dall’estero) che mise il sistema bancario in ginocchio. Le banche si rivolsero alla Bce per avere liquidità, ma la scarsa qualità dei collaterali forniti allargò ulteriormente la forbice dello spread, mettendo gli istituti di fronte a costi proibitivi. Tutto ciò mentre la recessione faceva esplodere le sofferenze sui crediti.

Il salvataggio era solo questione di tempo. “Un problema di liquidità ha finito col trasformarsi in un problema di solvibilità”.

La crisi gemella, sovrana e bancaria, avvitò la situazione generale del paese. La contrazione del Pil fece esplodere il debito pubblico: “La crisi è diventata auto-alimentantesi”.

“L’anno scorso la Grecia era sulla strada dell’impensabile – dice -: l’uscita dall’Euro”. Sono i giorni di Grexit.

Eppure oggi il nostro banchiere è ottimista. “Dal 2009 al 2012 il deficit fiscale è calato di nove punti, e le previsioni parlano di un surplus quest’anno. Un risultato ottenuto malgrado il calo dell’economia”. “Il consolidamento fiscale greco – osserva – è uno dei più grandi mai effettuati nella storia”.

Sono soddisfazioni. Siamo certi che il popolo greco ne sarà fiero. Così come gli farà piacere anche l’ulteriore consolidamento fiscale previsto per il 2013 e il 2014, che vale l11,5% del Pil, che porterà il surplus di bilancio al 3%.

Sul versante estero, la Grecia ha recuperato, dal 2010 in poi, l’80% della competitività perduta dal 2001 al 2009, “entro la fine di quest’anno l’intera perdita sarà recuperata”. “La competitività è stata migliorata attraverso riforme strutturali che hanno migliorato la flessibilità del mercato del lavoro”. La famosa medicina tedesca.

L’aumento della competitività ha avuto effetti positivi sull’export, cresciuto dal 18% del Pil del 2009 al 25% del 2012 “e in continua crescita”. Il saldo del conto corrente è passato dal deficit del 15% del Pil al deficit del 3,5% del 2012, e continua a calare.

Ma soprattutto è il sistema bancario che rassicura il nostro governatore. Prima di tutto è stato calcolato l’importo necessario per assicurare la ricapitalizzazione delle banche, una robetta da 50 miliardi di euro. Quindi si è passati alla ristrutturazione dell’intero settore. A oggi “abbiamo ricapitalizzato quattro banche principlai e alcuni banche non di sistema”. “Come risultato adesso il sistema bancario è diventato più compatto ed efficiente, e inizia a diventare forte e ben capitalizzato”.

“Questi aggiustamenti – spiega – significano che la Grecia continuerà a ricevere supporto finanziario dai prestatori ufficiali e ciò le consentirà di ristrutturare la sua economia e il sistema bancario”. Ossia che continuerà a dipendere dai prestiti.

La conclusione è quasi entusiasmante. “Dal picco della crisi dello scorso giugno – sottolinea – il prezzo delle azioni è quasi duplicato, gli spread sui bond sono calati di 2.500 punti, i depositi del settore privato sono cresciuti del 12%, il debito delle banche greche nei confronti dell’eurosistema è calato del 35%. Mi aspetto che la Grecia tornerà alla crescita nel 2014. Non si parla più di Grexit, ma di Grecovery. Come al solito i mercati avevano ragione, ma un po’ in ritardo”.

Peccato che il “piccolo ritardo” dei mercati l’abbia pagato duramente la popolazione, e continuerà a pagarlo anche in futuro.Quest’anno il Pil greco è previsto in calo del 4,6%, mentre la disoccupazione giovanile è la più alta dell’eurozona, addirittura al 58%.

Morale: tutto è bene quel che finisce bene, per la banca centrale.

Male per gli altri.

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