Nel futuro delle eco-tecnologie c’è scritta una cifra, 2.200 miliardi di dollari al 2020. Compiendo un balzo di tre volte tanto rispetto allo stato attuale, in soli 7 anni. Una stima, questa, che emerge dall’ultimo rapporto dell’Unep, il programma Onu per l’Ambiente.
La spinta allo sviluppo della crescita sostenibile – spiega l’Unep – punta molto sui Paesi in via di sviluppo per un mercato globale ormai sempre più attento all’ambiente. Per il direttore esecutivo dell’Unep, Achim Steiner, ‘’diventa obbligatorio che il commercio internazionale diventi più sostenibile e contribuisca a tutelare il “capitale naturale” delle economie nel mondo in via di sviluppo, se vogliamo invertire il declino globale di biodiversità, mitigare i gas a effetto serra, e fermare il degrado delle terre e proteggere i nostri mari’’.
E dall’ultima rilevazione del National oceanic and atmosferic administration (Noaa), l’istituto dipendente dal Dipartimento del commercio degli Stati Uniti, sembra che di un’economia “decarbonizzata” ci sia proprio bisogno: la concentrazione di anidride carbonica (CO2) in atmosfera ha superato le 400 parti per milione (ppm), raggiungendo una soglia che non veniva superata da almeno 3 milioni di anni.
Dalla raccolta dei dati, ottenuti dalla base Mauna Loa nelle Hawaii, nell’Oceano Pacifico, gli scienziati del Noaa hanno stabilito che gli attuali livelli di concentrazione di CO2 in atmosfera furono raggiunti tra i 3,2 e i 5 milioni di anni fa, quando le temperature medie erano tra i 3 e i 4 gradi centigradi più alte di adesso e le regioni polari più calde di 10 gradi rispetto a oggi; l’estensione dei ghiacci era molto limitata, rispetto a quella attuale, e il livello dei mari tra i 5 e i 40 metri più alto.
Il rischio è che si possa tornare a queste condizioni, con conseguenze devastanti per la natura e l’uomo, tanto che Greenpeace ipotizza che, “continuando a questi ritmi di emissioni di gas serra, la Terra possa raggiungere le 1.000 ppm nel giro di 100 anni’”.
Le Nazioni Unite per salvare il Pianeta tracciano una strada ben definita: il futuro è nella cooperazione, in particolare nell’insieme di finanziamenti, progetti “verdi”, e trasferimento di conoscenze sulle migliori tecnologie disponibili, specie nei Paesi in via di sviluppo. E in questo ambito, il vertice mondiale della sostenibilità, dell’anno scorso a Rio de Janeiro (dopo 20 anni dalla conferenza mondiale della Terra), ha indicato le regole e il percorso da seguire (come se non bastassero le indicazioni che arrivano ad ogni Conferenza mondiale della Convenzione quadro per i cambiamenti climatici).
Eppure qualche buona notizia c’è. Secondo l’Unep ci sarebbero dei settori chiave in cui si stanno facendo passi avanti. Per esempio nell’industria le operazioni e i processi stanno via via diventando sempre più verdi: funziona la formula delle certificazioni “ISO 14001” di gestione ambientale, che sono cresciute del 1.500%, tra 1999 e 2009. Poi le energie rinnovabili che stanno cavalcando velocemente verso traguardi prima impensabili: dal 1990 la capacità di produzione media da solare fotovoltaico è cresciuta ogni anno a livello mondiale rispettivamente del 42%; quella dell’eolico del 25% e quella dei biocarburanti del 15%. In 6 anni, nel periodo 2004-2010, gli investimenti nelle rinnovabili si sono quintuplicati, arrivando a 211 miliardi di dollari.
In Italia per esempio – in base ad una stima di Officinae verdi (una joint venture UniCredit-Wwf Italia) – rinnovabili ed efficienza energetica promettono un potenziale risparmio di circa 22,1 miliardi fino al 2020. Per avere un’idea del possibile recupero di risorse, basti pensare che dei 64,4 miliardi di euro della bolletta energetica del 2012, il 40% è attribuibile alle imprese e il 23% al residenziale. E per le imprese è anche possibile recuperare tagliare della metà le spese, rilanciare la competitività e ridurre gli impatti sul clima delle emissioni di CO2.