Skip to main content

Beppe Grillo, la giornata a Roma del comico di Genova

L’improvvisa sortita di Beppe Grillo a Roma aggiunge elementi nuovi e utili a un’analisi di ciò che accade nel Movimento 5 Stelle.

L’ansia con la quale si è affrettato a stroncare una polemica vera, ma tutto sommato circoscritta, come quella riguardante la percezione della diaria, la dice lunga su come il comico prestato alla politica si muova su un equilibrio precario e stia iniziando a perdere la lucidità, finora il suo indiscusso punto di forza.

Né l’ennesima espulsione, questa volta del vicepresidente dell’Assemblea regionale siciliana, Antonio Venturino, può essere liquidata come una semplice questione economica.

Dietro gli ultimi eventi c’è qualcosa di più. C’è innanzitutto il timore che il giocattolo ideato da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio stia iniziando a sfuggire loro di mano. Un rischio che aumenterà esponenzialmente man mano che il governo di larghe intese di Enrico Letta muoverà i suoi passi.

Perché se si vuole comprendere il mondo grillino, bisogna in primo luogo prestare molta attenzione all’arma più appuntita sfoderata finora dal comico: quella lessicale.

L’escalation con la quale Grillo ha nelle scorse settimane alzato il livello dello scontro non ha eguali nella storia repubblicana e ha scavato un fossato invisibile, ma profondissimo.

Se in passato, pur con svilimento, il Partito Democratico meritava di essere distinto dal Popolo della Libertà con un ironico “-L”, ora il comico ha ribattezzato in modo sprezzante il sistema dei partiti “modello unico”, quasi a voler annullare qualsiasi sfumatura possibile, ogni differenza, ogni scelta per l’elettorato.

Poco importa che i partiti abbiano fatto un passo indietro e due in avanti per provare a modernizzare il Paese. E non importa più neanche se ci riusciranno. Da una parte ci siamo noi e dall’altra loro. E non c’è nulla che possano fare per riacquisire credibilità. Grillo l’ha ribadito oggi a Roma: il Pd ci prendeva in giro, ha detto, voleva usarci. Ovviamente la controprova non c’è. Le riforme? Forse le faranno, ma ci aveva già pensato il Movimento 5 Stelle. Se arriveranno saranno solo una copia, l’ennesima prova dell’autoconservazione della Casta.

Da cosa deriva questa paura? Intanto dal fatto che la teoria dell’accerchiamento tanto cara a Grillo, si è oggi ribaltata: ad essere accerchiato è il Movimento 5 Stelle. I partiti, ora uniti in una “strana” e inedita maggioranza, proveranno ad annullare le ragioni stesse della sua esistenza realizzando le riforme che gli italiani si aspettano.

Una scelta che in linea teorica dovrebbe rendere felice Grillo e i grillini, ma che in realtà li terrorizza.

Cosa accadrebbe se i partiti mantenessero le loro promesse? Il Movimento 5 Stelle avrà ancora uno spazio politico, un motivo di essere, qualcosa da gridare dai palchi?

Probabilmente no, sarebbe Grillo a doversi “arrendere” ed è per questo che chi siede oggi in Parlamento farebbe bene ad ascoltare il monito del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: salvare la politica si può, a patto che la politica voglia salvare se stessa.

×

Iscriviti alla newsletter