I patti, quando si stringono, vanno rispettati. Una regola, non solo politica, che oramai in casa Pd non vige più da tempo.
Il caso della mancata elezione di Francesco Nitto Palma (Pdl) a presidente della Commissione Giustizia del Senato è emblematico di uno stato confusionale (per usare un eufemismo) di un partito allo sbando.
Un partito allo sbando e per di più diviso in due parti. Una parte scruta con un sentimento ambivalente la concorrenza a sinistra del grillismo strisciante di Sel di Nichi Vendola: un sentimento che oscilla tra l’ammirazione di una opposizione che non potrà non fruttare elettoralmente e la preoccupazione per un partito (il Pd) in inevitabile trasformazione con un Enrico Letta alla testa di un governo sostenuto anche dal Pdl.
L’altra parte del Pd, invece, intravvede uno sbocco salutare per un approdo riformatore e moderato per l’approccio governativo lettino.
E per trovare un compromesso fecondo nel Pd fra queste due componenti non bastano più le soluzioni politicistiche alla Beppe Fioroni che lavora per una sorta di coabitazione: governo a un democrat moderato e centrista (Letta) e partito a un sinistro.
Nell’attesa dell’assemblea e del prossimo congresso del partito, il Pd è diventato ormai un partito inaffidabile: dopo i casi di Franco Marini e di Romano Prodi che hanno squassato il Pd, oggi è arrivata l’ennesima dimostrazione di inaffidabilità dopo la mancata elezione di Nitto Palma nonostante le intese stipulate con il Pdl anche su nomi come Roberto Formigoni e Fabrizio Cicchitto a presidenti di commissione.
Ma gli spasmi interni al Pd sono il segnale che non tutto il partito ha ancora compreso conseguenze ed effetti impliciti di un governo di servizio basato su una maggioranza di larghe intese.
Alcuni nel Pd, evidentemente, accettano di governare con Silvio Berlusconi ma non vogliono avere come presidente della Commissione Giustizia un ex Guardasigilli.
La schizofrenia al potere.