Skip to main content

Il doppio binario del nuovo Ministro del lavoro e il vizio dell’urgenza

Come si crea nuova occupazione per i giovani? Questa è la domanda che arrovella le giornate e le nottate del neo Ministro del lavoro Enrico Giovannini, almeno spero, in questi pochi giorni d’inizio mandato. Dalle indiscrezioni che emergono qua e là, sembra che la risposta alla domanda di fondo testé posta si stia incanalando verso un doppio binario: da un lato si intende procedere verso il repentino cambiamento di una serie di norme previste dalle recente Legge 92, più nota come legge Fornero, soprattutto rimuovendo i nuovi paletti introdotti sui contratti a termine e incentivandone ulteriormente l’utilizzo, e dall’altro verso un marcato sostegno a forme di incentivo dell’occupazione giovanile, come per esempio la staffetta generazionale. Quest’ultima prevede che un lavoratore vicino alla pensione (5 anni prima) accetti un contratto part time in cambio dell’assunzione di un giovane, presumibilmente con contratto di apprendistato, al quale farà da “chiòccia” sul luogo di lavoro. Al lavoratore pensionando verranno comunque garantiti i diritti pensionistici pieni grazie ad un contributo dello Stato.

Sul primo binario niente da eccepire. Prima si rimuovono le incongruenze della riforma Fornero in materia di contratti a termine, e non solo, meglio è. Sul secondo binario, invece, la riflessione dovrebbe essere più accurata. Sembra che sulla staffetta generazionale per il primo anno si vogliano investire 500 milioni di euro. Con quali risultati attendibili? Non si sa. Questo strumento, infatti, è ancora troppo giovane da poter essere valutato positivamente e ad oggi le sperimentazioni sono ancora poche e circoscritte (Regione Lombardia e contratto nazionale dei Chimici), tant’è vero, che Paolo Reboani, presidente di Italia Lavoro in una recentissima intervista apparsa su KONGnews, sullo staffetta generazionale ha detto chiaramente che: “La speranza di tale sperimentazione è che il saldo occupazionale sia positivo: ossia, aumenti l’occupazione dei giovani e riduca il costo del personale sulle imprese”. Si parla di speranza, quindi, e non di certezza. Ho grande rispetto per la persona, le capacità e le competenze del neo senatore Giorgi Santini che è uno dei principali promotori in parlamento di questo provvedimento, pur tuttavia, rimango persuaso che si tratterebbe di un azzardo.

Perché puntare così forte su uno strumento che, al momento, non sappiamo ancora se funzionerebbe o meno?  E’ vero che dobbiamo fare in fretta, ma anche la legge Fornero è stata varata sulla spinta dell’urgenza e a meno di un anno siamo quasi tutti convinti della necessità di cambiarla. Vogliamo seguire la stessa logica per poi ritrovarci tra un altro anno con un nuovo buco nell’acqua? Prendiamoci un giorno più ma facciamo scelte più ponderate.

L’occupazione la crea lo sviluppo economico e una riforma del lavoro dovrebbe favorire la crescita. Allora, leghiamo sviluppo e occupazione. In questo senso, forse, c’è bisogno di misure forti e non di mezze misure. Mi persuade l’idea lanciata da Pellegrino Capaldo con la sua Fondazione Nuovo Millennio, sui contratti triennali non rinnovabili e con zero contributi e tasse, in deroga alla normativa vigente. E’ un’idea grezza da valutare e approfondire ulteriormente soprattutto sul lato delle garanzie per i lavoratori, tuttavia, perché non sperimentarla su una serie di settori economico-produttivi sui quali siamo molto indietro e che rappresentano il futuro dell’economia mondiale? Settori che potrebbero assorbire molte professionalità giovani come l’economia digitale, la green economy e il settore dei servizi alla persona. Potremmo permettere la stipula di contratti triennali con zero contributi alle start up di questi comparti che sono al di sotto dei 15 dipendenti e per l’assunzione di giovani fino ai 29 anni. Ne gioverebbero l’attività d’impresa e l’occupazione giovanile oltre la competitività del Paese in questi settori produttivi con ampi margini di crescita e in cui l’Italia è pericolosamente al palo.

I sindacati hanno bocciato subito la proposta dei contratti triennali, ma se ci si mette intorno ad un tavolo e si ragiona su un loro bilanciamento (minimo) dal lato delle garanzie forse la partita si può riaprire.


×

Iscriviti alla newsletter