Nella prima metà di maggio 2013 c’è stato un vero e proprio carosello diplomatico per cercare di avviare a soluzione il conflitto in Siria. Gran parte di questo carosello, che ha lambito anche Roma, ha avuto il suo epicentro a Mosca, a conferma del peso determinante acquisito dalla Federazione Russa nella crisi.
Mentre la Cina è solo preoccupata di evitare una presenza occidentale di nuovo assertiva – in una regione in cui i suoi interessi economici e la sua diplomazia si stanno espandendo – la Russia mostra un interesse sempre più netto ad affermare la sua presenza politica e, in una certa misura, anche militare.
Oltre lo stallo
Perciò, il 7-8 maggio il segretario di Stato americano John Kerry ha avuto a Mosca lunghe conversazioni sulla Siria con il governo russo, precedute sin da marzo da tre colloqui telefonici fra il presidente americano Barack Obama e quello russo, Vladimir Putin. Subito dopo è giunto a Mosca il primo ministro britannico David Cameron per parlare dello stesso argomento.
A metà mese è arrivato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu (appena di ritorno da Pechino). E mentre Putin e Netanyahu su incontravano a Mosca, c’è stato un importante incontro fra Obama e il premier turco Recep Tayyip Erdoğan a Washington, essenzialmente dedicato alla Siria. Successivamente a questo incontro turco-americano, è andato a Mosca il Segretario generale dell’Onu, Ban Ki-Moon (dopo un ennesimo voto di condanna del governo di Assad da parte dell’Assemblea).
La pacificazione della Siria
L’incontro fra Kerry e il governo russo ha messo capo ad un’ipotesi di conferenza multilaterale (a Ginevra sotto egida Onu) per avviare la pacificazione della Siria, apparentemente meno generica di quella che intercorse fra russi e americani l’anno scorso, sempre a Ginevra. Si tratta di un progetto ancora non ben definito, ma il passo avanti rispetto al generico accordo di Ginevra starebbe nel fatto che gli Usa accetterebbero ora la formazione di un governo transitorio che includa anche Assad e la sua cerchia fino alle elezioni presidenziali previste per il maggio 2014 (alle quali perciò ad Assad e ai suoi non sarebbe dato di partecipare).
Mentre i russi rinuncerebbero quindi a sostenere Assad nel lungo periodo (cioè accetterebbero a termine un cambio del regime), gli Stati Uniti accetterebbero di soprassedere alla rimozione immediata di Assad, cioè fino alle elezioni del 2014. Mentre questo è un passo avanti nello stallo russo-americano, non è chiaro se è anche un passo avanti nella risoluzione del conflitto, nel quale sono coinvolti una miriade di attori statali e non, siriani e non, con obiettivi e valutazioni tra loro divergenti e, a quanto sembra, anche divergenti dalle idee che l’ipotesi di conferenza perseguirebbe.
Roberto Aliboni è consigliere scientifico dello Iai.