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Jorge Rafael Videla, il dittatore che rubava i bambini

Jorge Rafael Videla è morto nel sonno oggi nella cella del carcere di Marcos Paz dove scontava l’ergastolo. Aveva 87 anni ed era stato condannato per i crimini commessi in Argentina dal 1976 al 1982.

La notizia è stata confermata da Cecilia Pando, moglie di un ex militare, alla radio Once Diez di Buenos Aires. “Videla è morto mentre dormiva. Ieri sera non ha voluto cenare perché si sentiva male”, ha riferito la donna.

Il grande dittatore

Jorge Rafael Videla era stato presidente della giunta militare che ha preso il potere in Argentina attraverso un colpo di Stato il 24 marzo del 1976. Aveva destituito al presidente María Estela Martínez de Perón, il Congresso fu sospeso e con le armi installato un Processo di riorganizzazione nazionale, come lo chiamavano i militari.

Una volta arrivato al potere, Videla ha instaurato un regime di terrore: le organizzazioni di diritti umani hanno calcolato che più di 30mila persone sono scomparse durante il suo regime.

Le confessioni di Videla

La giustizia però non si è dimenticata di lui: a giugno del 2012 l’ex militare era stato trasferito in un carcere comune ed è stato condannato all’ergastolo. Insieme ad altri funzionari della dittatura è stato chiamato a rispondere a marzo del 2013 per i crimini del “Piano Condor”, una operazione di repressione contro gli oppositori adottati negli ‘70 e ‘80 da diverse dittature in America latina.

Nell’ultima intervista concessa ad un giornale spagnolo il 16 marzo di questo anno, e ripresa oggi dal quotidiano argentino La Nación, Videla aveva detto che una ribellione militare è permessa dall’articolo 36 della Costituzione argentina: secondo l’ex dittatore “c’è il diritto di resiste contro chi minaccia l’ordine costituzionale e il sistema democratico”.

Nei recenti interrogatori giudiziari, Videla aveva confessato l’assassinio di migliaia di persone. I corpi erano stati nascosti “per non provocare proteste dentro e fuori del paese”, aveva detto ai giudici. Ugualmente aveva ammesso il rapimento di donne negli ultimi giorni di gravidanza e bambini neonati che tuttora non sanno da quale famiglia provengono. “Non c’era un’altra soluzione. Eravamo d’accordo che era il prezzo da pagare contro la guerra sovversione e avevamo bisogno di non farlo evidente”, ha spiegato. Nonostante la confessioni di questi crimini, Videla non si è mai pentito.

Le reazioni nei quotidiani argentini

“L’ex dittatore che è morto senza pentirsi”, ha titolato il sito Terra nella versione argentina. “Ammetto la mia responsabilità per tutto quello che è stato dall’esercito durante la guerra contro il terrorismo (…) i miei subalterni hanno solo compiuto ordini. Gli accompagnerò in galera fino a quando l’ultimo riprenda la sua libertà”, ha detto Videla.

Tra gli atteggiamenti nella stampa argentina c’è quella del quotidiano El Clarin che titola: “È morto Videla, ideologo del terrore della peggiore dittatura dell’Argentina”.

La Nación, invece, riprende le dichiarazioni di Martín Fresneda, di Diritti Umani, alla radio Nazionale: “E’ un orgoglio essere riusciti ad avere un’Argentina con giustizia prima che Videla se ne andasse in un altro luogo. Dallo Stato argentino, non festeggiamo la morte di nessuno, ma sì celebriamo di avere fatto giustizia”.

L’ombra di Videla sul Vaticano

Dopo l’arrivo di Papa Francesco in Vaticano, il nome Videla era ritornato insieme alle polemiche. In Argentina, l’ex arcivescovo di Buenos Aires non è tanto amato perché all’epoca è rimasto in silenzio, non ha condannato né sostenuto il regime militare.

Invece, dalle comunicazioni tra Henry Kissinger e i diplomatici di tutto il mondo che sono usciti nell’ultimo dossier di WikiLeaks si sono potuti identificare elementi significativi per capire il colpo di Stato di Videla e gli scandali di quelli anni. Il nome di Papa Francesco, Jorge Bergoglio, non è mai spuntato, ma è spuntato quello di un prete gesuita che è stato arrestato dal regime, oltre a diversi legami del Vaticano con le dittature latinoamericani.



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