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La tutela degli interessi dei più deboli e lo sviluppo di lungo periodo.

Prof. Roberto Schiattarella

Quando si va alla ricerca dei veri riformisti c’è chi risponde autorevolmente all’appello con esperienze personali che attraversano la storia di questo Paese nel quale tutti oggi parlano di riforme .

Leggendo il mio intervento,  Roberto Schiattarella ,  Professore di Politica Economica all’Università di Camerino,  aprendo il cassetto dei ricordi ha affermato: “mi ha fatto pensare agli ottimi professori con cui ho avuto la ventura di formarmi ed alle buone letture come quel libricino di Fuà e Sylos (Idee per la programmazione economica) che è ancora una piccola miniera di idee. Alle tue osservazioni, che condivido con il cuore oltre che con la testa, aggiungerei alcune note che ormai posso definire storiche, ma che non sono altro che la cronaca della mia esperienza di economista. Quando studiavo il significato del termine riformismo appariva chiaro a me ed a tutti. fare le riforme voleva dire intervenire per correggere i meccanismi del mercato laddove questi non avrebbero portato a risultati coerenti con l’interesse generale. E con questo si intendevano due cose distinte. La tutela degli interessi dei più deboli e lo sviluppo di lungo periodo. Il riformismo comincia a diventare cosa diversa quando a Torino e poi, se ricordo bene, in un incontro in Umbria i socialisti (siamo nel 1978), sotto la spinta di un gruppo di intellettuali – ma sostanzialmente per segnare la fine della subalternità socialista rispetto al PCI – cambiarono una cosa rispetto a quella che allora era una idea di riformismo condivisa. Cessò il riferimento alla tutela dei più deboli e si fece riferimento solo allo sviluppo. Qualunque iniziativa favorisse lo sviluppo (non di lungo periodo) andava perseguita. E poiché il mercato é il principale artefice dello sviluppo, di fatto si invertì la logica del riformismo precedente. La parola assunse il significato di modifica della società in funzione di supposte regole del mercato. Ovviamente all’epoca ci si indignò per quel che apparve un vero e proprio tradimento culturale, che usava una parola nobile per fare esattamente il contrario. Ma non posso nasconderti che l’indignazione si tradusse in sconforto quando nel 1987, in pochi giorni e senza alcuna riflessione i comunisti fecero proprie le posizioni dei socialisti. Da allora in poi la distinzione tra riformisti e gli altri si è identificato nella contrapposizione tra chi vuole cambiare e chi si oppone. Sui contenuti del cambiamento non si riflette più. Quale distanza tra la tensione etica oltre che intellettuale degli economisti che sono stati nostri maestri! In questa gran confusione rimangono punti di riferimento essenziali. Quel libro si chiamava idee per la programmazione proprio nello spirito di sostituire all’irrazionalità del mercato quando si guarda al lungo periodo, la razionalità della politica di intervento. Una scelta di questo tipo è contemporaneamente l’affermazione dell’urgenza dell’utopia ma anche un ritorno al buon senso”

Cosa aggiungere ancora alle concrete parole del Prof. Schiattarella se non il desiderio che il termine possa avere una nuova vita attraverso l’esempio di chi aveva davvero voglia di cambiare e cambiarla questa Italia.


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