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Liberali di tutt’Italia, uniamoci. E lasciamo Scelta Civica…

Dopo l’implosione elettorale di febbraio di Fare per fermare il declino, il risultato deludente della lista Monti e il consolidamento della leadership berlusconiana nel Pdl, appaiono ridotti gli spazi di agibilità politica per liberali e riformatori, secondo alcuni osservatori. Nel frattempo, sul sito di Italia Futura è stato pubblicato oggi un editoriale che sembra prefigurare il disimpegno definitivo di Montezemolo dalla montiana Scelta Civica per rilanciare una Italia Futura in versione 2.0. Ne abbiamo parlato con Piercamillo Falasca, segretario dell’associazione Zero+, uno degli animatori di Libertiamo.it, da anni attivista del variegato e frammentato mondo liberale.

Falasca, partiamo da Scelta Civica. Cosa sta accadendo al movimento montiano?

“Scelta Civica si sta già dissolvendo, nei sondaggi e nel cuore di chi ci aveva creduto. D’altronde, se ti interessi solo delle dinamiche di Palazzo, per partecipare a un governo purchessia, questo è quel che accade, ahinoi…”.

Una posizione dura, e anche un po’ acida, per un ex candidato come lei di Scelta Civica…

“Guardi, condivido l’opinione di un candidato ben più autorevole di me, Giuliano Cazzola: credo che tre milioni e mezzo di elettori non abbiano votato perché il loro sostegno andasse a ingrossare le fila di una maggioranza che di fatto chiede la fine della politica del rigore e della responsabilità finanziaria”.

L’editoriale di Luca di Montezemolo e Nicola Rossi che significato ha?

“Credo che Montezemolo voglia evitare di trasformare Italia Futura in una corrente di partito, disimpegnandosi: è però meno chiaro come risponderanno i parlamentari di origine montezemoliana…”.

Sabato scorso lei ha assistito al congresso di Fare per fermare il declino dove Michele Boldrin è stato eletto presidente. Prove di riavvicinamento?

“Sono tra i primi firmatari del manifesto dello scorso luglio, non ho condiviso la scelta ‘isolazionista’ alle elezioni, ma tra i ‘fattivi’ uno si sente sempre a casa. Oggi Michele Boldrin, neoeletto presidente, insieme a Giannino, De Nicola, Italia, Enrico e i dirigenti del movimento hanno una grande opportunità. Possono provare a chiamare a raccolta quanti credono che l’Italia abbia bisogno di uno shock di maggiore libertà economica e individuale, un piano significativo di privatizzazioni per abbattere il debito pubblico, la promozione della concorrenza e del merito in ogni ambito”.

Quindi Fare può ancora svolgere un ruolo importante? Veramente non sembra…

“Assolutamente sì. Nelle ultime settimane si sono un po’ troppo parlati addosso, dimenticandosi del resto del mondo: in due mesi Fare non ha espresso una posizione nel dibattito pubblico. Se ora Boldrin saprà fare il giusto cambio di passo, anche svestendo un po’ i panni del professore che sbarca dall’America, Fare sarà protagonista”.

Insomma, è un appello a riunirvi?

“Dovremmo proprio farlo. Guardiamo al calendario. Nella primavera del 2014 ci saranno le elezioni europee e un turno di amministrative molto importante. Se il governo Letta regge almeno per i 18 mesi auspicati, quelle elezioni saranno una cartina al tornasole degli umori degli italiani rispetto ai partiti di maggioranza e alle altre realtà politiche. Perché non provare a costruire un’opzione autenticamente liberaldemocratica, che parli con cognizione di causa dell’Europa che funziona e di quella che non funziona, che sfidi i populisti che propongono l’uscita dell’euro con proposte coraggiose?”.

Da quali punti partite per un programma così vasto?

“Dalle cose da fare. Un esempio: oggi Giovanni Guzzetta ha costituito in Cassazione il comitato per il presidenzialismo alla francese. Impegniamoci tutti a sostenerlo, organizziamo banchetti per la raccolta firme e iniziative a tema, perché l’ammodernamento dell’architettura istituzionale della Repubblica è una condizione necessaria per le riforme.  Poi, è bella l’idea di Alessandro De Nicola – con Ichino, Tinagli, Della Vedova, Musso e altri – di dar vita ad un’iniziativa culturale diffusa per valutare e promuovere il grado di concorrenzialità delle politiche pubbliche, nazionali e locali. Con iniziative così si creano le condizioni giuste”.

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