Dal Pd si affrettano ad assicurare che no, questa non è una norma anti-Grillo. Ma a vedere la reazione stizzita che ha avuto il diretto interessato non si direbbe.
Andiamo con ordine.
I senatori del Pd, a prima firma Anna Finocchiario e Luigi Zanda, hanno ripresentato oggi il testo del ddl di riforma dei partiti. Un testo, già depositato nella precedente legislatura, per dare attuazione all’art. 49 della Costituzione: i partiti devono acquisire personalità giuridica e dunque senza trasformarsi in soggetti pubblici riconosciuti non potranno più partecipare alle elezioni politiche né accedere a qualsivoglia sostegno finanziario pubblico.
Una legge definita subito “anti-movimenti”, compreso quello più famoso della politica italiana: il Movimento 5 Stelle che, proprio sull’autorganizzazione grazie alla rete, e al di fuori di ogni controllo pubblico, si è voluto caratterizzare.
Anna Finocchiaro ha provato a spegnere le polemiche: “La proposta di attuazione dell’art.49 della Costituzione non è, malauguratamente per chi ne scrive e per chi vi trova elemento di polemica, una succulenta notizia che rivelerebbe l’avversione del Pd per il Movimento 5 stelle.
Il ddl è infatti presentato nell’identico testo in cui venne depositato nella precedente legislatura, sia alla Camera che al Senato e riguarda tutti i partiti. Era (e resta) un pezzo di programma del Pd. Si tratta dell’attuazione – ritardata per troppi decenni e sollecitata più volte anche dal Capo dello Stato – di una decisione dei costituenti di particolare rilievo e pienamente coerente con il modello di democrazia parlamentare scelto per il nostro Paese”.
Ma i grillini sono già sul piede di guerra e su Twitter è trending topic l’hashtag #nonsiamounpartito. Il loro leader in prima fila dal suo blog tuona:
“Il MoVimento 5 Stelle non è un partito, non intende diventarlo e non può essere costretto a farlo. Se la legge anti MoVimento di Finocchiaro e Zanda del pdmenoelle sarà approvata in Parlamento il M5S NON si presenterà alle prossime elezioni. I partiti si prenderanno davanti al Paese la responsabilità di lasciare milioni di cittadini senza alcuna rappresentanza e le conseguenze sociali di quello che comporterà”.
Il caso Zanda con il Pdl
Un nuovo incidente di percorso per i parlamentari del Pd. Solo la settimana scorsa era finita nell’occhio del ciclone la frase pronunciata da Zanda sull’ineleggibilità di Silvio Berlusconi: “Secondo la legge italiana Silvio Berlusconi, in quanto concessionario, non è eleggibile. Ed è ridicolo che l’ineleggibilità colpisca Confalonieri e non lui”, aveva detto il capo gruppo del Pd al Senato in un’intervista ad Avvenire.
Acqua sul fuoco nel già abbastanza incandescente rapporto tra Pd e Pdl, la maggioranza su cui si basa il governo Letta. E, dopo la levata di indignazione pidiellina, Zanda è stato costretto a circoscrivere la sua uscita a “opinione personale”.
Così, mentre Enrico Letta si muove con estrema cautela per mediare tra le varie istanze del suo esecutivo, viene da chiedersi a che gioco stiano giocando i suoi colleghi in Parlamento con questa guerriglia pericolosa contro Pdl e M5S.