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Per il Pentagono la Corea del Nord è ancora una minaccia

La Corea del Nord e il tentativo del regime di migliorare i propri armamenti nucleari e i sistemi missilistici a lungo raggio sono una delle sfide più gravi alla sicurezza degli Stati Uniti nell’Asia nordorientale.

L’avvertimento, che arriva quando ancora non si sono del tutto sopite le tensioni nella penisola coreana, è il sunto dell’ultimo rapporto del Pentagono sugli sviluppi militari a Nord del 38esimo parallelo presentato ieri al Congresso, mentre da Pyongyang giungeva la notizia della condanna a 15 anni di lavori forzati di un cittadino statunitense, Kenneth Bae, accusato di atti criminali per rovesciare il governo.

I progressi nel lancio di missili balistici uniti agli sviluppi della tecnologia nucleare sono in linea con l’obiettivo nordcoreano di colpire il territorio degli Stati Uniti, si legge nel rapporto. Il documento non dà tuttavia certezze sui tempi in cui il regime sarà capace di acquisire simili capacità di attacco contro gli Usa.

Il rapporto fa in particolare riferimento al riuscito test missilistico dello scorso dicembre, nel quale fu testato il Taepodong-2, che tuttavia Pyongyang ha sempre descritto come un lancio per mettere in orbita un satellite. Lo scorso febbraio il regime ha infine condotto il suo terzo esperimento nucleare sotterraneo, dopo quelli del 2006 e del 2009, con gli esperti ancora intenti a capire se sia stato usato plutonio o uranio.

Il rapporto guarda inoltre all’esercito nordcoreano, per numero di soldati il quarto al mondo, che, sebbene in mancanza di risorse e strumenti adeguati, è in grado di condurre attacchi come l’affondamento della corvetta sudcoreana Cheonan nel 2010, in cui morirono 46 marinai, o il bombardamento sull’isola di Yeongpyeong a dicembre dello stesso anno, da molti ritenuta la crisi più grave tra i due Paesi dall’armistizio del 1953.

Sotto la passata leadership di Kim Jong-il, morto nel 2011, il regime si è concentrato principalmente sulla sicurezza interna e su una “diplomazia coercitiva”, sviluppando sistemi d’arma per deterrenza e sfidando sia gli Stati Uniti sia la Corea del Sud. Obiettivi che, scrive il rapporto, “saranno rilevanti anche sotto la leadership di Kim Jong-un”, appena trentenne e succeduto al padre lo scorso anno.

Sul piano della sicurezza informatica nel documento si sottolinea il coinvolgimento del regime in attacchi DdoS, ossia di sovraccarico delle richieste di connessione a un sistema per mandarlo giù. La Corea del Nord, che ha sempre smentito, è stata tra l’altro accusata per i recenti attacchi contro banche ed emittenti televisive sudcoreane che hanno segnato le settimane di crisi nella penisola, assieme agli attacchi contro alcuni dei canali di propaganda del regime dei Kim.

“La maggiore preoccupazione per il regime è che forze sia da dentro sia da fuori possano sfruttare l’instabilità interna per rovesciare il regime e raggiungere l’obiettivo di unificare la penisola”. Obiettivo del regime è inoltre quello di essere riconosciuto come un attore legittimo a livello internazionale. Un traguardo che sembra scontrarsi con l’accusa di continuare a vendere armamenti in spregio alle sanzioni che proibiscono scambi con il regime di merci legate al settore delle armi. Tra gli acquirenti: Siria, Iran, Pakistan, Libia e Birmania

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