La notizia della sentenza della Cassazione sul Porcellum accelera il dibattito sulla riforma della legge elettorale. I giudici del “Palazzaccio” hanno dichiarato “rilevanti”, in relazione alla Costituzione e alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, “le questioni di legittimità” sollevate in un ricorso sulla legge elettorale 2005 e hanno disposto l’immediata trasmissione degli atti alla Consulta.
Parola alla Consulta
L’ultima parola sulla tanto contestata legge sarà quindi quella della Corte Costituzionale che dovrà esprimersi sulla sua legittimità. In particolare, il ricorso punta il dito contro il premio di maggioranza, previsto sia alla Camera che al Senato, con argomentazioni diverse. “Si tratta – scrivono i togati di piazza Cavour – di un meccanismo premiale che, da un lato, incentivando (mediante una complessa modulazione delle soglie di accesso alle due Camere) il raggiungimento di accordi tra le liste al fine di accedere al premio, contraddice l’esigenza di assicurare la governabilità, stante la possibilità che, anche immediatamente dopo le elezioni, la coalizione beneficiaria del premio si sciolga o i partiti che ne facevano parte ne escano (con l’ulteriore conseguenza che l’attribuzione del premio, se era servita a favorire la formazione di un governo all’inizio della legislatura, potrebbe invece ostacolarla con riferimento ai governi successivi basati un coalizioni diverse); dall’altro provoca un’alterazione degli equilibri istituzionali, tenuto conto che la maggioranza beneficiaria del premio è in grado di eleggere gli organi di garanzia che, tra l’altro, restano in carica per un tempo più lungo della legislatura”.
Il premio di maggioranza sarebbe quindi “manifestamente irragionevole” in base all’articolo 3 della Costituzione nonché “lesivo dei principi di uguaglianza del voto e rappresentanza democratica”. Per di più, “la distorsione provocata dall’attribuzione del premio costituisce il risultato di un meccanismo che è irrazionale perché normativamente programmato per tale esito”.
Inoltre, il premio di maggioranza per il Senato ha anche un altro “profilo di irrazionalità”, non assicura la governabilità perché, “essendo diverso per ogni regione, il risultato è una sommatoria casuale dei premi regionali che finiscono per elidersi tra loro e possono addirittura rovesciare il risultato ottenuto dalle liste e coalizioni di lista su base nazionale”. In questo modo, nota la Suprema Corte, “si favorisce la formazione di maggioranze parlamentari non coincidenti, pur in presenza di una distribuzione del voto sostanzialmente omogenea tra i due rami del Parlamento, e si compromette sia il funzionamento della nostra forma di governo parlamentare nella quale, secondo i dettami del bicameralismo perfetto, il governo deve avere la fiducia delle due Camere, sia l’esercizio della funzione legislativa che l’art. 70 della Costituzione attribuisce paritariamente alla Camera e al Senato”.
Pdl vs. Pd
Il tema accende gli animi della fragile maggioranza su cui si basa il governo Letta. Da una parte c’è il Pdl, cui il Porcellum va sostanzialmente bene così, o con minime varianti. Come proposto oggi da Renato Brunetta, “cambiamo subito la legge elettorale con una ‘mini-riforma’, per essere pronti se si dovesse tornare a votare, ma nel frattempo avviamo le riforme costituzionali’.
La proposta su cui cercano l’accordo i ministri Gaetano Quagliariello e Dario Franceschini sarebbe quella di una “clausola di salvaguardia” (la coalizione vincente dovrebbe aver ottenuto più del 40% per guadagnarsi il diritto di avere il 55% dei seggi).
Ma per la maggioranza del Pd non è abbastanza: il Porcellum è da cancellare definitivamente. E il più presto possibile. “La miglior risposta che le forze politiche possono dare, la più responsabile e inequivoca, è quella della scelta di abrogare la legge Calderoli e di tornare al Mattarellum con le dovute correzioni”, dice Anna Finocchiaro a Public Policy e Debora Serracchiani commenta su Twitter: “La Cassazione affossa il Porcellum avanzando dubbi di costituzionalità. Spero che il Parlamento lo abroghi nel più breve tempo possibile”. E la mozione Giachetti per un’autoconvocazione del Parlamento e il ritorno al Mattarelum ha già raccolto oltre cinquanta firme.
Il parere dell’esperto
“La modifica della legge elettorale non basta più – commenta a Formiche.net il costituzionalista Giovanni Guzzetta, che ha recentemente promosso una petizione per l’introduzione del presidenzialismo alla francese – occorre farla a valle di una riforma costituzionale perché con il bicameralismo perfetto che abbiamo in Italia non c’è legge elettorale capace di garantire la governabilità”.
Per quanto riguarda la sentenza della Cassazione, rileva Guzzetta, “ci si domanda come un giudice possa avere competenza su un contenzioso che si svolge in Parlamento” ma per questo rimanda alla lettura delle 39 pagine dell’ordinanza interlocutoria.
La Corte costituzionale non si pronuncerà prima di sette-otto mesi. Bisognerà vedere se, come si augura il ministro Quagliariello, la politica affronterà e risolverà il problema prima della magistratura.