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Bruxelles e deficit, evitiamo trionfalismi

Brindiamo pure, ma non esageriamo in festeggiamenti. La notizia che la Commissione di Bruxelles ha accantonato la procedura di infrazione contro l’Italia per deficit eccessivo è ovviamente la benvenuta. Ma contrariamente a quanto qualche voce governativa va da giorni cianciando, questo non produce alcun tesoretto da spendere e spandere per l’anno in corso. Piuttosto, forse, consente di stanziare una dozzina di miliardi in più in spese di investimento per l’anno prossimo. Ma la cautela è d’obbligo. E il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, non a caso non spreca ottimismo.

Anche perché oltre alle lodi per l’Italia (lodi che vanno indirizzate ai governi Berlusconi e Monti) la decisione dell’Unione europea prevede anche 6 precise raccomandazioni per il futuro: debito pubblico stabilmente in discesa; amministrazioni pubbliche efficienti; efficienza e redditività del settore bancario; attuazione delle riforme del mercato del lavoro con salari allineati alla produttività; trasferimento del carico fiscale da lavoro e capitale a consumi, beni immobili e ambiente; più concorrenza nei servizi.

I compiti a casa, dunque, non sono finiti. Non c’è troppo da gioire, insomma. Infatti la decisione di Bruxelles non implica alcun allentamento nel processo di abbattimento del debito (a proposito, il governo Letta ci sta pensando come ridurlo o si continua a traccheggiare?) e per di più dalla Commissione arriva qualche mugugno più o meno esplicito in quella frase sul fisco che, tradotta, significa: l’Iva va aumentata e non congelata, come invece annunciato dal governo, e sull’Imu non siamo del tutto d’accordo nel cancellarla. Dietrologie? Mica tanto. Ecco che cosa ha detto il commissario Ue agli Affari economici, Olli Rehn: l’Italia ha “margini di sicurezza molto piccoli per mantenere il deficit di bilancio sotto il 3% a causa della decisione del governo di intervenire sul terreno fiscale (Imu, ndr)”.

Non ci resta, forse, che affidarci a san Mario Draghi da Francoforte, non a caso redarguito anche ieri da giornali tedeschi come lo Spiegel.


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