Sì, ci sono i dissidi interni al Partito Democratico e con questi Enrico Letta dovrà fare i conti. Ma con i 436 sì a Montecitorio e i 224 di Palazzo Madama incassati ieri, il suo governo avvia ufficialmente il percorso per cui è nato: quello delle riforme.
Il percorso delle riforme
Ma come sarà questo percorso? È la stessa mozione presentata ieri a dirlo. Entro giugno, l’esecutivo dovrà presentare al Parlamento un disegno di legge di riforma costituzionale per far nascere una Bicamerale chiamata “Comitato dei 40”, composta da venti deputati e venti senatori, scelti in modo “da garantire la presenza di ciascun gruppo parlamentare e di rispecchiare complessivamente la proporzione tra i gruppi”.
La Bicamerale dovrà definire una nuova forma di stato e di governo, abolendo il bicameralismo perfetto. Solo dopo aver definito l’architettura istituzionale, verrà il momento di occuparsi anche della riforma della legge elettorale che dovrà essere coerente con il nuovo disegno e il più possibile condivisa. Il ministro per le riforme costituzionali Gaetano Quagliariello ha infatti spiegato oggi al Messaggero: “Il premier Letta mi ha incaricato di vedere se era possibile un intervento di manutenzione sull’attuale legge senza prefigurare una riforma definitiva. Ho registrato che al momento non c’è una convergenza tra i partiti di maggioranza. Dunque le strade sono solo due: o questa convergenza matura oppure dobbiamo cercare di definire, nei più brevi tempi possibili, la forma di governo che si trascini appresso un meccanismo elettorale coerente”.
Accanto al comitato, lavorerà una commissione di “saggi” nominati dal governo, che avranno però solo funzione consultiva. Qualsiasi decisione sarà poi presa dalla Bicamerale, sarà poi ratificata da referendum confermativo.
I tempi
È il ministro Quagliariello a indicare i tempi: “I 18 mesi per le riforme decorreranno dal momento in cui sarà approvato il ddl costituzionale che modifica la procedura prevista dall’articolo 138 della Costituzione, e quindi presumibilmente da fine settembre”. Da quel momento poi, scatteranno i 18 mesi che la mozione individua come tempo massimo per l’ok alle riforme. “Sono un tempo che ritengo giusto”, ha spiegato Letta, per far sì che la discussione non si concluda con un nulla di fatto: “Troppe Bicamerali, troppe promesse non mantenute. Stavolta dobbiamo dire la parola finale altrimenti il governo dovrà trarre le conseguenze della nostra inconcludenza”.