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Tesoro, siamo in una Bot di ferro

I mercati non si dimenticano dell’Italia. Se il record non lo segna Piazza Affari, dopo i picchi di Wall Street e di Francoforte, gli investitori si ritrovano comunque in via Venti Settembre per l’asta dei Bot del Tesoro. Un buon risultato che potrebbe lasciare spazio alle riflessioni di Fabrizio Saccomanni su Imu, rifinanziamento della Cig e manovre ventilate e poi negate, ma senza forza. E’ lo “Speriamo di no”, la forza soft che tanto piace anche al premier Enrico Letta.

L’asta di oggi

Ma intanto il governo sui Bot può godersi il suo momento di gloria, dopo che già la Bce si è presa il merito per i successi italiani sul fronte Bot, Btp e spread. Oggi sono stati collocati sul mercato tutti i 7 miliardi di Bot a 12 mesi offerti. La domanda ha raggiunto gli 8,13 miliardi e il rendimento è sceso allo 0,703%. Collocati anche tutti i 3 miliardi di euro di Bot a 219 giorni al tasso dello 0,393%. In questo caso l’importo richiesto è stato più del doppio rispetto a quello offerto (6.270.500.000).

Giù lo spread di Italia e Spagna

Lo spread tra Btp e Bund è a 257 punti base, dopo la positiva asta dei Bot e dopo aver chiuso ieri a quota 261, con un rendimento del decennale del 3,89%. Il differenziale tra Bonos e Bund si attesta a 290 punti con un tasso del 4,22%.

Il doping della Bce

“L’impegno della banca centrale – si legge nell’ultimo report di Ref., il centro studi diretto da Fedele De Novellis – risulta essenziale per consentire il collocamento dei titoli del nostro debito. In particolare, sia Spagna che Italia hanno visto crollare la quota del debito pubblico detenuta da operatori stranieri. Di fatto i nostri titoli di Stato vengono collocati in larga parte presso le banche nazionali che si finanziano presso la Bce a tassi bassissimi (soprattutto questo è avvenuto grazie alle operazioni Ltro). In una certa misura si può sostenere che il valore dello spread non sia rappresentativo del premio al rischio effettivamente richiesto dal mercato per
la detenzione dei titoli del debito italiano, quanto piuttosto della credibilità dell’efficacia della politica della nostra banca centrale a sostegno della nostra economia“.

Le prospettive

“Naturalmente – prosegue il centro studi Ref – il paradosso dello scenario descritto, con un quadro sfavorevole dal lato dell’economia reale e una situazione migliore per la finanza, non è destinato a perdurare per molto. Non è però ancora chiaro se la crisi possa risolversi con una ripresa dell’economia reale o, viceversa, in un deterioramento dello scenario finanziario. I rischi connessi alla seconda ipotesi sono evidentemente tali da giustificare il committment delle banche centrali sul sostegno all’economia reale”.

Giù Pil e produzione

Un sostegno che si fa sempre più necessario. Del resto, la produzione industriale ha chiuso in negativo il primo trimestre del 2013, scendendo dello 0,4% a livello congiunturale e del 4,2% su base annua (dato corretto per effetti di calendario). Un dato che non lascia ben sperare, dopo che l’Ocse, ha spinto di nuovo al ribasso le stime sul Pil italiano per il 2013, con una contrazione dell’1,5%, contro il -1% previsto nelle previsioni del novembre scorso.

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