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Un Paese a spreco zero

Il 2013 è l’anno a spreco zero. Con Andrea Segré, Presidente Last Minute Market, parliamo della campagna da loro promossa in Italia per la riduzione degli sprechi alimentari (e i conseguenti sprechi energetici).

1. Quello passato è stato l’anno contro lo spreco di energia e il 2013 è l’anno a spreco zero. Nel suo lavoro di ricerca, così come nella sua attività imprenditoriale, attraverso Last Minute Market, lei parte da un’idea radicale di spreco: lo spreco come fallimento del mercato.
Non solo, è qualcosa di più. Il concetto di spreco che abbiamo elaborato va oltre quello di fallimento del mercato. Pensavo all’inizio, piuttosto classicamente, che fosse il mancato incrocio tra domanda e offerta: produciamo più di quanto serve, non riusciamo a consumare, gettiamo via, e il mercato dunque fallisce. In realtà, è evidente che lo spreco fa parte del sistema, è uno degli ingranaggi: dobbiamo produrre, produrre, produrre, consumare, consumare, consumare, sostituire molti beni, anche il cibo, molto velocemente. Dei 550 kg di rifiuti solidi urbani che un italiano produce in media, i prodotti ancora utilizzabili rappresentano un terzo.
Lo spreco è il valore aggiunto del mercato, altrimenti il mercato non si reggerebbe: questa sua obsolescenza programmata, questa obsolescenza percepita dei beni si giustifica in questo modo. È la nostra idea di crescita.

2. Quindi per ridurre lo spreco bisogna intervenire sugli elementi fondanti del sistema?
Quello che propongo, sia da un punto di vista concettuale, sia concretamente, è di invertire ecologia ed economia. Eco è la nostra radice, la nostra casa. Noi consideriamo che l’economia, la gestione della nostra casa, contenga l’ecologia. Gli economisti più all’avanguardia si definiscono economisti ecologici, ma in realtà la logica vorrebbe il contrario: la casa grande, l’ecologia, deve contenere quella piccola, l’economia. L’economia è uno strumento al servizio dell’ecologia: bisogna parlare, e agire, in termini di ecologia economica. Funziona perché so che l’ambiente, il suolo, le risorse, l’energia sono limitate e quindi anche i consumi materiali devono essere limitati. Se parto da questo, e considero l’economia un aggettivo, posso trovare delle soluzioni. Questo è l’approccio che propongo e che proponiamo con Last Minute Market.

3. Quali sono le azioni concrete da mettere in atto subito e quelle da voi sperimentate che possono avviare questa trasformazione?
Il micro-laboratorio Last Minute Market fa capire come potrebbe essere un’economia diversa. Last Minute Market è uno spin-off dell’università, una società costituita da ricercatori e professori dell’università. È ricerca applicata. Ci tengo a ribadire che non è un’associazione, un gruppetto di ragazzi che fa del volontariato con spirito anche goliardico: si tratta di professionisti con un progetto d’impresa. Last Minute Market recupera gli sprechi e ha come obiettivo ridurre gli sprechi a zero. Penso sia l’unica società al mondo che ha nel suo statuto l’autodistruzione. La visione è chiara: vogliamo cambiare il sistema. Possiamo fare in modo che il mercato sia molto più efficiente: eccedenze e surplus generano esternalità negative, dal punto di vista ambientale ed economico, le vogliamo ridurre e quindi parliamo di sostenibilità e prevenzione. Tutte azioni che vanno verso l’ecoefficienza. Nel frattempo, mentre cerchiamo di ridurre gli sprechi a zero, recuperando ciò che si getta via, abbiamo visto che si attiva un’economia solidale, di relazione, attraverso il dono. Recuperando e donando a chi ha bisogno si crea una relazione che va oltre il bene che recuperi, di cui eviti anche lo smaltimento; è un valore, quello relazionale, che sta dentro il mercato, ma noi lo abbiamo dimenticato. Questo micro laboratorio, attivo adesso in 45 città in Italia, fa capire che lo spreco è fallimento e valore aggiunto del mercato, ma fa capire anche che riducendolo e promuovendo un’economia del dono, creiamo un legame tra due mondi separati, quello delle imprese for profit e quello degli enti no profit. La soluzione non è aumentare gli sprechi per dare da mangiare ai poveri e chiudere il cerchio; la soluzione è ridurre gli sprechi, liberare risorse per avviare processi di altro tipo. Viene fuori un’altra società, in questo quadro di ecologia economica. La sostenibilità diventa la nostra guida: sostenibile è ciò che dura nel tempo. Questo secondo noi è il seme di una società nuova. Non è necessario parlare di decrescita, che fa paura, ma usare il linguaggio che conosciamo, quello del mercato, fatto di domanda, offerta, crescita, prezzo, inserendo anche il dono.

4. Parliamo di energia. Sprecare cibo è sprecare energia. In che modo?
Quando getti via il cibo, getti via anche l’energia usata per produrre, trasformare, distribuire, non consumare e smaltire questo cibo. L’anno scorso il tema della nostra campagna “Un anno contro lo spreco” era l’acqua. Sprechiamo anche acqua quando gettiamo via il cibo: l’acqua usata per produrlo, oltre all’acqua che contiene. La campagna “un anno contro lo spreco” il primo anno è stata dedicata al cibo, il secondo anno all’acqua, il terzo anno all’energia, il 2013 sarà l’anno a spreco zero, poi nel 2014 ci sarà l’Anno Europeo contro lo spreco. In questa iniziativa abbiamo un partner importante, FederUtility, che ci accompagna in questo lungo percorso.

5. Quali sono i dati a vostra disposizione sullo spreco energetico? Come si comportano gli italiani?
Per quanto riguarda l’elemento energia, alcuni dati sono estremamente significativi. Il settore agroalimentare, per cominciare, è un consumatore netto di energia: nei paesi sviluppati la quota di energia consumata dal settore è tra il 10% e il 30% del consumo totale, una forbice ampia che dipende da come è sviluppata e organizzata la filiera. La cifra è importante. In Italia, il settore consuma il 15% del consumo finale di energia. Teniamo presente che lo spreco non è rifiuto: è un bene che potrebbe ancora servire per la funzione per cui è stato creato. Per questo, lo spreco è doppio in termini di energia: si usa l’energia per produrre, trasformare, distribuire un bene che non consumi e poi bruci altra energia per smaltirlo. Sì, a quel punto, in parte viene recuperata, ma il bilancio complessivo è negativo. Se pensiamo che nella filiera produttiva sprechiamo grosso modo il 20% di cibo, il 15% è il consumo di energia per il settore e ciò vuol dire che lo spreco di energia corrispondente è pari al 3%. Una percentuale che equivale ai consumi energetici di 1.600.000 persone. Un altro dato riguarda le emissioni di anidride carbonica: sprechiamo 7 milioni di tonnellate di cibo all’anno (dato 2010), per produrre questo spreco abbiamo prodotto anche emissioni di CO2. Complessivamente le emissioni di CO2 sono 16 milioni, di queste ben 11 milioni (cioè i 2/3) vengono dal settore agroalimentare. Riducendo lo spreco, recuperando i prodotti, o migliorando l’efficienza, raggiungeremo prima gli obiettivi di Kyoto. I dati saranno pubblicati in un libro che uscirà per Edizioni Ambiente in ottobre.

6. Quali sono i target fissati dalla Commissione Europea in merito agli sprechi?
Nel 2010 abbiamo portato in Parlamento a Bruxelles una dichiarazione in cui si chiedeva che la UE si ponesse l’obiettivo di ridurre gli sprechi alimentari del 50% entro il 2025. La Commissione agricoltura ha prodotto una risoluzione, votata in plenaria, con una serie di indicazioni molto concrete per arrivare a ridurre gli sprechi, prevedendo azioni sull’efficienza delle filiere: dal km zero fino alle vendite scontate nei supermercati di prodotti che verrebbero sprecati, perché ormai al limite della scadenza. Invece di essere donato questo tipo di prodotto dovrà essere venduto obbligatoriamente al 50%: è misura antispreco e anticrisi. La risoluzione è piena di indicazioni di questo tipo. Si tratta di un documento in progress che i Paesi nazionali potrebbero cominciare ad adottare. Lo spreco è in ogni sistema economico anche in quelli meno sviluppati, certo, si spreca in proporzione al PIL, ma il tema è di tutti.

7. Nel settembre scorso avete presentato la Carta Spreco Zero. Qual è l’obiettivo di questa iniziativa?
Con la Carta SprecoZero i comuni firmatari s’impegnano ad attivare il decalogo di buone pratiche contro lo spreco alimentare che rende subito operative le indicazioni della Risoluzione del Parlamento europeo contro lo spreco. La carta è già stata sottoscritta da 231 comuni, da Belluno a Napoli e dai Governatori del Veneto e del Friuli Venezia Giulia. A inizio maggio è stata sottoscritta da Giuliano Pisapia, sindaco di Milano, che l’ha integrata nel percorso che la città sta facendo per arrivare al traguardo dell’Expo 2015, che come sappiamo sarà dedicato proprio al tema del cibo. L’obiettivo della riduzione del 50% degli sprechi entro il 2025 è molto impegnativo e solo un coinvolgimento concreto, diretto, responsabile di ciascuna amministrazione può consentire di raggiungerlo. Per questo abbiamo pensato a un evento per promuovere la ratifica della Carta. A Padova il 20 maggio 2013 si terrà Mille sindaci contro lo spreco, il Forum europeo degli amministratori locali: una settimana di iniziative dedicate a queste tematiche cui parteciperanno sindaci e amministratori locali italiani ed europei. Vogliamo raccogliere la disponibilità di 1.000 città contro lo spreco. Mille sindaci contro lo spreco è il momento inaugurale poi di una settimana dedicata alla sostenibilità e alla green economy nelle Venezie: Greenweek. L’intera green week sarà quindi un momento di riflessione su quel futuro sostenibile a cui le Venezie aspirano candidandosi a divenire “Nordest Capitale Europea della Cultura 2019”.

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