Nella mia pagina dedicata alla Sociologia e in altri forum, si è discusso molto a proposito dei “sondaggi elettorali” e della loro “utilità”. Negli ultimi anni i sondaggi sono stati usati da chiunque e per qualsiasi forma di indagine. Spesso, a scapito della qualità e del rigore scientifico. Le ultime elezioni hanno mostrato la fallibilità di questi strumenti e questo può essere un problema, perché i lavori commissionati dalle televisioni, sottocosto e sbrigativi rischiano di gettare un’ombra molto lunga sullo strumento in sé, fondamentale nella ricerca sociale.
Dopo gli esiti di queste ultime elezioni in molti si sono fatti questa domanda: “a che cosa servono i sondaggi?”
Nei corsi di metodologia della ricerca sociale ci viene insegnato che i sondaggi sono molto importanti perché sono il mezzo attraverso cui è possibile fare inferenza sulla popolazione di riferimento e indagare (quantiativamente) un fenomeno di rilevanza sociale. Tale rilevanza incontra l’affidabilità (scientifica) a patto che vengano rispettati alcuni criteri minimi relativi alla costruzione del questionario, al modo in cui vengono eseguite le interviste, nel modo in cui vengono rintracciati i partecipanti e quindi curando il principio della rappresentatività (se lo scopo è fare appunto, inferenza sulla popolazione).
A questo riguardo lavoce.info ha realizzato un’interessante e ricca inchiesta sull’utilità di questi strumenti e sulla loro affidabilità intervistando alcuni tra i più importanti e noti sondaggisti politici in Italia. Sulle funzioni e sui limiti dei sondaggi hanno parlato Nando Pagnoncelli, Renato Mannheimer, Alessandra Ghisleri, Fabrizio Masia e Roberto Weber. Le risposte dei sondaggisti sono stati poi commentate da Riccardo Puglisi.
Come ha spiegato Mannheimer, sociologo e sondaggista, i sondaggi hanno una grande rilevanza a livello economico, per esempio nelle indagini di marketig. Infatti, è molto più probabile che un individuo, dice Mannherimer, risponda sinceramente sui propri gusti in fatto di cibi o posti da visitare che non sulle preferenze politiche. Il grosso problema che viene individuato dai sondaggisti è riferito all’affidabilità delle risposte date (nelle intenzioni di voto per esempio). In che misura è possibile limitare questo problema? La misura è limitata.
Nelle scienze sociali, infatti, non è semplice interpretare le intenzioni e le idee delle persone. Occorre “fidarsi” delle risposte date dai partecipanti all’indagine e non si può fare altrimenti. L’oggetto di studio delle scienze sociali è dinamico, mutevole. Prevedere determinati comportamenti economici o politici, non è affatto semplice e sussiste sempre un certo margine di errore, connaturato in parte all’oggetto di studio e in parte dipendente da come viene organizzato il questionario e da come vengono condotte le interviste. Il ricercatore può intervenire per limitare questa componente dell’errore. Insomma, niente di facile per i sondaggisti.
Dall’inchiesta di Lavoce.info emerge del materiale interessante per farsi un’idea di cosa è un sondaggio, come viene costruito e quali sono i suoi limiti. Ma soprattutto, un modo per ripensare l’uso dei sondaggi e per comprendere che lo strumento di ricerca ha un valore in più, che non quello di riempire spazi televisivi e salotti.