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Viaggio lungo il fiume che separa la Cina dalla Corea del Nord

Dandong – “Non ci sono stati problemi”, dice l’autista parlando di come a Dandong siano state vissute le settimane di tensione nella penisola coreana scossa dalle minacce del regime dei Kim contro Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud. A separare la città nel nordest della Cina, provincia del Liaoning, dalla Corea del Nord c’è soltanto il fiume Yalu. La vicinanza è stata trasformata in un’attrazione turistica. Addirittura prima di arrivare a Tianjin, quando è trascorsa la prima delle quattordici ore di treno tra Pechino e Dandong, l’inserviente passa tra i passeggeri vendendo cartoline con il volto sorridente del fondatore della Repubblica democratica popolare di Corea, Kim Il-sung e banconote nordcoreane, sempre con impressa l’effige dell’Eterno presidente. La stessa stampata sulle spille al petto di un gruppo di una ventina di nordcoreani in giacca e cravatta nella stessa carrozza durante il viaggio di ritorno. Bassi e con un fisico da sedicenni, segno di almeno tre generazioni di malnutrizione, con i volti che invece mostravano la vera età di ragazzi che avevano superato i vent’anni.

A unire la città alla nordcoreana Sinuiju, dall’altra parte del fiume c’è il ponte dell’Amicizia costruito dai giapponesi tra il 1937 e il 1943, durante l’occupazione nella Seconda Guerra Mondiale. Sopra transita una linea monorotaia e camion che la mattina si vedono partire dalla dogana di Dandong e la sera fare il percorso inverso. Nel 2011 gli scambi tra Corea del Nord e Cina hanno toccato i 5,9 miliardi, il 70 per cento dei quali ricorda il Global Times, costola del governativo Quotidiano del popolo, passano proprio da qui. Nel primo trimestre del 2013 sono tuttavia scesi del 7 per cento. Mentre aumentano le importazioni cinesi dal regno della dinastia rossa dei Kim, più 2,5 per cento pari a 590 milioni, calano invece le esportazioni verso Pyongyang. Accanto, distante poco più di una cinquantina di metri, c’è ciò che resta di un altro ponte, costruito negli anni Dieci del Novecento e distrutto dai bombardamenti statunitensi durante il conflitto degli anni Cinquanta del secolo scorso. Ora è un’altra attrazione turistica. In mezzo su un maxischermo è proiettato un video che racconta cosa fu il conflitto, ovviamente visto dalla parte dei cinesi. Percorrendo quando resta della struttura, alla fine è possibile affittare un binocolo per 5 yuan, in euro circa 60 centesimi e guardare dall’altra parte del fiume. O meglio fare “north korea watching”, osservare i nordcoreani intenti a lavorare in un cantiere. Per un’occhiata ancora più da vicino si organizzano anche giri in barca che portano a pochi metri dalla riva opposta, dove si possono vedere pastori e soldati.

Alcuni accennano un saluto verso le quattro cinque barche piene di turisti in giubbotto salvagente arancione, che tornati a riva sono subito sostituiti in acqua da una nuova comitiva. In mezzo al fiume c’è anche chi vende sigarette coreane benché prodotte in Cina, commenta un ragazzo del luogo.

Scarso movimento c’è invece a Huangjinping, in quella che doveva essere una zona economica speciale sorta su due isolette sul fiume Yalu, ma che a tre anni di distanza è ancora di fatto ferma. La città è anche un punto di vista privilegiato per capire se i cinesi stiano facendo rispettare le sanzioni Onu votate, anche con il loro assenso, in risposta al test nucleare nordcoreano dello scorso 12 febbraio. All’interno della dirigenza cinese una fazione non guarda più con troppo favore “all’alleanza di sangue” che in teoria unisce i due Paesi dalla guerra di sessant’anni fa. Proprio a Dandong un museo memoriale celebra quello che è chiamato il conflitto contro l’aggressione statunitense e a sostegno della Corea in cui perse la vita anche uno dei figlio di Mao. Lì una foto del giovane Kim Il-sung pare quasi una spiegazione del perché l’appena trentenne Kim Jong-un sia diventato il terzo esponente della dinastia. Nonno e nipote sono quasi identici. Anche se indiscrezioni comparse sulla stampa parlano di ipotetiche plastiche del brillante leader per somigliare al’uomo che i nordcoreani paragonano al Sole.

I rapporti tra Pyongyang e Pechino non sono più quelli del 1953, quando un armistizio, che tuttora regola i rapporti tra le Coree, mise fine alla guerra. Le notizie di questi giorni descrivono una Cina intenta ad equilibrismi nella regione. Da un lato promette di far rispettare le sanzioni e nelle scorse settimane, la Bank of China ha annunciato la chiusura dei conti della nordcoreana Banca per il commercio estero, attraverso cui si ritiene passino i soldi per finanziare il programma nucleare di Pyongyang. Dall’altro, secondo quanto riferito da Radio Free Asia, Pechino vorrebbe inviare aiuti alimentari assieme ai fertilizzanti con cui già sostiene l’agricoltura a Nord del 38esimo parallelo. Un modo per tenere tutte le opzioni diplomatiche aperte, scrive il sudcoreano Hankyoreh, sia con Pyongyang sia con Washington.

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