Per gentile concessione dell’editore e dell’autore, pubblichiamo il commento di Edoardo Narduzzi uscito oggi sul quotidiano Italia Oggi diretto da Pierluigi Magnaschi.
È nata dalle ceneri della peggiore crisi post secondo dopoguerra una new economy? Sono emersi nuovi equilibri e condotte di politica economica destinate a perdurare ben oltre il ciclo recessivo? Domande più che legittime alla luce della comprovata dipendenza dei mercati dalle politiche monetarie non convenzionali che vanno sotto l’acronimo di quantitative easing, cioè produzione di nuova massa monetaria tramite l’acquisto di titoli di stato o di altri asset. Le borse e gli investitori sono appesi alle mosse del numero uno della Fed, Ben Bernanke, proprio in materia di Qe. Una interruzione della politica di iniezione mensile di moneta da parte della Banca centrale Usa sarebbe interpretata oggi male dai trader e sicuramente indici azionari e prezzi dei bond ne risentirebbero non poco. È come se, senza la spinta e il supporto del Qe, i mercati non siano più in grado di avere sufficiente fiducia per decidere investimenti più o meno rischiosi. Si tratta di una evidente distorsione creata dalle politiche pubbliche sulle normali funzioni decisionali dei privati: oggi gli investitori per sentirsi al sicuro «pretendono» che una parte del rischio del loro investimento sia implicitamente assicurato dalle banche centrali con i loro Qe. Si è prodotta, quindi, dopo quasi cinque anni di politica monetaria ultra espansiva una originale attitudine alla socializzazione di parte dei rischi sistemici dei mercati finanziari.
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