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Caro Saviano, il presidenzialismo non è un tabù

Caro direttore,

diciamolo chiaramente: l’appello lanciato da Giovanni Guzzetta e dal comitato promotore del disegno di legge di iniziativa popolare per una riforma in senso semipresidenziale – presidente della Repubblica eletto direttamente dal popolo, sistema elettorale maggioritario a doppio turno, superamento del bicameralismo perfetto – ha ottenuto un primo, grande successo. Non mi riferisco solo alla straordinaria partecipazione bipartisan alla presentazione dell’iniziativa “Scegliamoci la Repubblica” sabato scorso a Roma, bensì alla crepa che ha provocato nel muro di resistenze e conservatorismo che ha impedito negli ultimi decenni una reale governabilità del Paese, manifestando la sostanziale incapacità del nostro attuale ordinamento di arginare la crisi politica ed evitare che quest’ultima debordasse nelle istituzioni con una crescente disillusione, spesso disaffezione ed a volte avversione dei cittadini.

Positive in tal senso le dichiarazioni di sostegno di alcuni esponenti della sinistra italiana, storicamente la più restia ad un tale cambiamento. Da Walter Veltroni, Romano Prodi al nuovo segretario Guglielmo Epifani per citarne alcuni, riconoscono attraverso le dichiarazioni riportate dai media, l’opportunità rappresentata dal modello francese sotto il profilo di una democrazia che possa essere davvero governante. Evidentemente i risultati delle ultime elezioni devono aver fatto riflettere molto in casa Pd… Dall’altra parte, in casa Pdl, è noto dai tempi della famosa proposta choc di Angelino Alfano e Silvio Berlusconi del 2012, ci si dichiara favorevoli ad una qualche forma di presidenzialismo.

C’è quindi da ben sperare, nonostante le opinioni contrarie di alcuni. I vari Nichi Vendola, Rosy Bindi e persino un onnisciente quanto noioso Roberto Saviano sono ancorati alla paura del cambiamento, al tabù dell’immutata valenza della cosiddetta “Costituzione più bella del mondo”, dimenticando così il periodo storico nel quale fu redatta. Leggo peraltro una sorte di scarsa considerazione verso gli italiani da parte di questi signori, e di ciò sono francamente infastidito.

Al contrario, ciò si dovrebbe considerare alla luce degli esiti e della partecipazione popolare al voto, è che gli italiani non sono più disposti a delegare alla mediazione dei partiti, sono stanchi di esecutivi deboli pertanto inadatti a reagire ai cambiamenti geopolitici, economici e sociali e, soprattutto, non sono più disposti a perdonare un ennesimo fallimento che non dovesse vederli direttamente protagonisti.

Intervenendo sabato scorso in qualità di membro del comitato promotore, ho voluto ribadire che la proposta di riforma semipresidenzialista non è una semplice accademia astratta, da salotto intellettuale, bensì riguarda le questioni vere che interessano la vita delle imprese e delle famiglie. Il nostro attuale modello democratico, frammentato nell’offerta politica e così caratterizzato cronicamente da esecutivi deboli frutto di coalizioni instabili, ha fallito ed occorre intervenire.

Non essere in grado di prendere di petto la situazione, di ricorrere a sterili compromessi spesso legati ad ottenere un effimero consenso, o la protesta fine a se stessa è un costo che non ci possiamo più permettere. L’unica soluzione è accentrare il potere di decidere e fare nelle mani di un Presidente la cui legittimità deriva dall’elezione diretta dal popolo. Così saremo tutti più responsabili, cittadini e partiti: in ogni caso, potremo scegliere “l’uomo forte” e non subirlo.



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