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Caro Saccomanni, è ora che la Cdp diventi una banca. Parla De Mattia

La Cassa depositi e prestiti una nuova Iri? L’affermazione è lontana dalla realtà, ma un chiarimento sull’identità della società di Via Goito controllato dal Tesoro col 70% e sulle opportunità che si aprirebbero se assumesse una configurazione bancaria, da non bancaria come è ora, sembra quanto mai necessario. A porre il problema, in una conversazione con Formiche.net, è Angelo De Mattia, già direttore centrale della Banca d’Italia, sovrintendente alla segreteria del governatore Fazio, ora editorialista di MF/Milano Finanza e l’Unità.

Cdp vera e propria banca?

“Non sono sicurissimo della soluzione – spiega De Mattia – ma ho posto il problema. E’ il momento di riflettere sull’opportunità di un adeguamento qualitativo della Cassa depositi e prestiti che la trasformerebbe in una banca, da istituto finanziario non bancario disciplinato dall’articolo 107 del Testo Unico Bancario come è ora considerata con una certa forzatura. Se si guarda alle possibilità, alla raccolta e agli impieghi, ci sono i sintomi per definire la Cassa una vera e propria banca, ma bisogna fare una riflessione seria, e di sicuro questo è un tema che va affrontato”.

Le conseguenze di una riqualificazione della Cassa

Se si opta per attribuire alla Cdp natura bancaria, “le conseguenze saranno evidenti sul piano delle regole del mercato interno e della concorrenza. In alternativa, dobbiamo essere sicuri che la configurazione che si mantiene offra le stesse opportunità, o per lo meno molte, di quelle che darebbe un cambio, come l’accesso ai finanziamenti della Bce, anche se un primo rifinanziamento è stato già ottenuto e ora bisogna vedere il seguito”, sottolinea. D’altra parte, se la Cdp non fosse considerata una banca, non è fuori dal prevedibile che possano essere avanzate delle osservazioni da altri istituti di credito in merito alla par condicio: medesime opportunità, ma anche medesimi vincoli e controlli”.

I temi da affrontare

Nel complesso, la Cdp “detiene asset in un campo variegato e con partecipazioni molto importanti. E’ per questo che c’è l’esigenza di definire l’identikit della Cdp. Non può succedere – osserva – che quando c’è da sistemare qualche dossier e non si sa come gestirlo si affida alla Cassa, facendo sì che il suo ruolo si costruisca in divenire, Si tratta di una sorta di definizione a fattispecie progressive. Dire che c’è una nuova Iri è un’affermazione lontana dalla realtà, ma l’azionista di larghissima maggioranza, il Tesoro deve definire la mission di un’organizzazione potente come la Cdp sulla base di una proposta organica, che potrebbe essere anche discussa in Parlamento e che riguardi l’insieme delle attività svolte e come svolgerle. C’è anche la questione dell’architettura societaria e di quale sia quella migliore per gestire partecipazioni importanti come quelle in Snam, Fsi, Sace, Fintecna, F2i. Non è uno scherzo, si tratta di un soggetto di grande rilevanza e dimensioni e serve uno studio che definisca le migliori sinergie per avere risultati sul piano delle strategie, dell’efficienza, economicità, trasparenza e che individui bene la sede del comando”, evidenzia.

La posizione del governo e del Tesoro

Secondo De Mattia serve quindi “un’analisi, una diagnosi e una prospettiva che dovrebbero essere elaborate dal Tesoro e poi, eventualmente, discusse in Parlamento”. Ma qual è la posizione del governo a riguardo? “Ho visto favorevolmente che a livello del ministero dell’Economia si pensa all’applicazione di criteri oggettivi e trasparenti per procedere alle nomine pubbliche. Su questa strada il ministero dell’Economia sembra ben incamminato. Non so se c’è sul tavolo il dossier Cdp, ma credo che il ministro Fabrizio Saccomanni e il suo vice Stefano Fassina, molto sensibile al tema, possano fare un buon lavoro prendendo in mano la questione, per il bene del Paese, della Cdp e per ancor meglio valorizzare le capacità dei suoi dipendenti. Il progetto Telecom, d’altra parte, accentua l’esigenza di un chiarimento. C’è bisogno di un quadro certo e di una mission sicura da parte dell’azionista di maggioranza, il Tesoro, e con lui quindi da parte del governo e del Parlamento”, commenta.

Il ruolo delle Fondazioni d’origine bancaria

Un chiarimento che sarebbe importante anche per le Fondazioni d’origine bancaria, azioniste della Cassa con il 30% e che vivono un momento non facile, con la contrazione degli utili e le sfide sul territorio. “La scelta di partecipare alla Cdp da parte delle fondazioni d’origine bancaria nel complesso è positiva e anche loro hanno l’interesse a conoscere l’evoluzione delle prospettive per questo importante organismo. La loro partecipazione è minoritaria ma fondamentale perché così la Cassa non risulta essere un soggetto meramente statale”.

La riorganizzazione interna e il caso Mps

D’altra parte, alcune Fondazioni dovranno ripensare i loro modelli di gestione e organizzazione. Specialmente a Siena. “La Fondazione Mps ha elaborato una riforma dello Statuto che si muove lungo la strada della Carta Guzzetti sulle fondazioni. Una volta approvato lo Statuto e i nuovi organi, un momento importante, bisognerà vedere come si opererà soprattutto nel rapporto tra enti territoriali, Fondazione e banca, i cui sviluppi sono tutti da seguire. Accanto ai requisiti normativi si dovrebbero accentuare l’indipendenza della Fondazione e l’indipendenza della Banca da quest’ultima, con eccezione degli apporti sulle strategie che vengono dati all’inizio del triennio di nomine degli esponenti aziendali. Saranno da valutarsi, insomma, le prove che la Fondazione Mps affronterà. Se saprà gestirle bene, potrebbe anche diventare un caso di scuola di rilancio. Il primo passo c’è stato, vedremo se ci sarà una effettiva risalita e come verrà assecondato lo sforzo che stanno compiendo il presidente Alessandro Profumo e l’ad Fabrizio Viola per il risanamento e il rilancio del Monte dei Paschi”, conclude De Mattia.

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