A giudicare da certe operazioni che vanno in scena ai piani alti della finanza e dall’impegno che le stesse comportano per le banche, si direbbe quasi che il credit crunch e le restrizioni dal lato del credito non esistano. Basta dare uno sguardo al denaro che passa o è passato di mano nei vari riassetti di Pirelli e della controllante Camfin, soltanto per citare l’ultimo caso, o di Rcs, la cui riorganizzazione è ancora in corso, o, ancora, di Fondiaria-Sai, per rendersi conto che, volendo, le banche sono ancora capaci di aprire i cordoni delle borsa, almeno all’apparenza senza grossi problemi e paturnie.
Imprese a bocca asciutta, come ha confermato Visco
Al contrario, la crisi che ha colpito l’economia con una violenza senza precedenti si è fatta sentire eccome sulle imprese, verso le quali le banche hanno drasticamente ridotto i flussi di finanziamenti. A certificare questa situazione è stato anche il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, che nelle sue considerazioni finali del 31 maggio, dopo avere premesso che “la congiuntura sfavorevole comprime oggi la domanda di credito”, ha fatto notare che alla diminuzione degli impieghi “contribuisce, in maniera significativa, l’irrigidimento dell’offerta, legato al deterioramento del merito di credito della clientela e ai suoi riflessi sulla qualità degli attivi bancari”.
Intesa e Unicredit mettono da parte 230 milioni per Pirelli-Camfin
Eppure, come detto, l’irrigidimento dell’offerta di credito da parte delle banche sembra pressoché inesistente per alcuni grandi gruppi della finanza italiana, che con un termine forse un po’ desueto vengono definiti “salotti”. Il caso più recente è quello del riassetto di Pirelli. Un’operazione particolarmente complessa che vedrà le due maggiori banche italiane, Intesa Sanpaolo e Unicredit, entrare come socie, accanto al fondo Clessidra e al patron del gruppo della Bicocca, nella società creata ad hoc per lanciare l’Opa (offerta pubblica di acquisto) su Camfin, la holding che custodisce la quota di controllo del 26,2% di Pirelli. Le due banche, già finanziatrici delle società del gruppo della Bicocca, per ora hanno messo sul piatto 41 milioni ciascuna ma sono già pronte ad alzare l’asticella fino a 115 milioni a testa, per un totale di 230, in caso di piena adesione all’Opa. Il Fatto Quotidiano, in un articolo del 6 giugno, ha sottolineato come le banche siano accorse in aiuto di Tronchetti Provera, mentre Linkiesta ha paragonato la situazione di Camfin e della controllata Pirelli a quella di Telco e Telecom Italia.
In arrivo l’aumento di capitale di Rcs
E ancora Intesa Sanpaolo, questa volta però affiancata da Mediobanca, è già pronta a fare la propria e anche qualcosa di più nell’ambito della riorganizzazione di Rcs, che passerà anche per un primo aumento di capitale, ormai ai nastri di partenza, da 380 milioni. Secondo indiscrezioni, infatti, un pool di banche, tra cui per l’appunto Ca’ de Sass e Piazzetta Cuccia, già socie del gruppo editoriale rispettivamente al 4,93% e al 13,7%, avrebbero dato la loro disponibilità a sottoscrivere anche una parte dell’eventuale inoptato legato a una ricapitalizzazione che si preannuncia già fortemente diluitiva per i soci che non aderiranno. Intanto, alla fine di maggio, Rcs ha riscritto l’accordo sul debito con le banche finanziatrici (Intesa Sanpaolo, Ubi, Unicredit, Mediobanca, Bpm, Bnp Paribas) in senso migliorativo per la società, portando le linee di credito a 600 milioni.
Il riassetto della galassia Fonsai sotto la regia di Mediobanca
Un anno fa teneva banco un’altra storia che raccontava della regia divedeva al lavoro due istituti di credito, Mediobanca e Unicredit, per condurre in porto il complesso riassetto della galassia Fondiaria-Sai, la compagnia assicurativa messa a dura prova dalla gestione della famiglia Ligresti (sulla quale peraltro stanno indagando anche le Procure). A “chiudere i ponti” con la famiglia di origini siciliane fu l’istituto di Piazzetta Cuccia, che, esposto per oltre 1 miliardo di euro verso il gruppo, alla fine del 2011 chiese di procedere senza indugi con un aumento di capitale. La ricapitalizzazione, da 1,1 miliardi, prenderà il via nell’estate del 2012 e getterà le basi per l’ingresso nell’azionariato di Unipol (che pure nello stesso periodo dovrà sostenere un aumento di capitale di pari importo per finanziare l’operazione).
Unipol e Unicredit soci della compagnia ex Ligresti
Nell’azionariato di Fonsai, Unipol, con il suo 42%, ha affiancato Unicredit, pure finanziatrice del gruppo, e tuttora titolare di una quota del 7% circa della compagnia. Anche Mediobanca, per un certo periodo, è stata azionista sia di Fonsai, sia di Unipol, a seguito della partecipazione ai consorzi di garanzia negli aumenti di capitale, ma tutti i titoli risultavano venduti all’inizio del 2013, anche per ragioni di Antitrust (Mediobanca è già prima socia delle Generali).