Nessuno scandalo. Che il Tesoro abbia sottoscritto e ristrutturato contratti su derivati è un fatto noto da anni. A calmare gli animi dopo l’inchiesta di oggi di Repubblica e del Financial Times sul rischio che l’Italia possa perdere miliardi di euro a causa di quei contratti è, in una conversazione con Formiche.net, Mario Baldassarri, ex viceministro all’Economia (dal 2001 al 2006) e presidente della commissione Finanze e Tesoro del Senato.
Le indagini sull’uso dei derivati nella PA
Il tema dell’uso di derivati non viene di certo a galla oggi. “Come presidente della Commissione Finanze al Senato, nel 2009 è stato svolto un anno di lavori per un’indagine conoscitiva sull’uso di derivati nella Pubblica Amministrazione riferita a tutti gli enti locali escluso il Tesoro”, spiega.
“La risoluzione, votata all’unanimità da tutti i partiti, diceva in sostanza che operazioni finanziarie di questo tipo le amministrazioni pubbliche era meglio che non le facessero. E i fatti emersi erano imbarazzanti. L’upfront, la somma che la Banca riconosce alla controparte al momento della stipula di un contratto swap, veniva considerata un incasso, come risorse da utilizzare per spese correnti, quando invece si trattava solo dell’anticipazione di un debito”, sottolinea.
Nessuna novità sull’uso di derivati
E a livello centrale? “Che il Tesoro italiano abbia fatto operazioni di swap sull’uso dei derivati per entrare nell’euro è arcinoto. E nel libro sul tema del 2001 dell’economista Gustavo Piga c’era già scritto tutto. Il problema è la cifra di 8 miliardi di potenziali perdite, rilanciata dal Financial Times, è stata valutata secondo il criterio ‘mark to market’, cioè sistematicamente aggiustata in funzione dei prezzi correnti di mercato”.L’unica domanda a cui risponde il Financial Times, in sostanza, è: “Quanto costerebbero queste operazioni se fossero chiuse oggi? E’ una stupidaggine – prosegue Baldassarri -. Nei prossimi anni, alla scadenza di questi contratti e in base alla variazione dei tassi d’interesse, queste operazioni potrebbero costare di più, zero o potrebbero creare un vantaggio”. Tutt’altro che uno scandalo, quindi.
Un rischio troppo alto per l’offerta di servizi
Ma ecco la vera domanda secondo Baldassarri. “Stati, regioni, province e comuni possono essere coinvolti in operazioni di tecnicalità finanziaria rischiose per fornire servizi ai cittadini? Quando nel 2001 da vice ministro dell’Economia una grande banca giapponese mi propose la strutturazione di derivati – Nomura – io mi dissi contrario. Ma poi avrà trovato altre porte aperte al Ministero dell’Economia, infatti le operazioni sono state decise. E’ emerso che il 60% delle operazioni di questo tipo sono fatte da banche straniere. E nell’indagine del Senato, non a caso, era stato sottolineato anche che i contratti non dovessero essere scritti solo in inglese, ma anche in italiano”.
L’ingresso nell’euro grazie ai derivati
La colpa, ad oggi, secondo l’ex ministro, “non è di nessuno. E che fossimo riusciti ad entrare nell’euro anche grazie a queste operazioni è cosa nota. L’Europa lo sa. Senza l’uso di questi strumenti non saremmo mai riusciti a raggiungere un deficit del 2,7% nel 1998, l’anno cruciale per l’approvazione del suo ingresso nell’euro”.
Il debito spalmato
Certo, commenta, “si sta spalmando il debito sui prossimi anni, ma queste operazioni si fanno in tutto il mondo, e l’Italia non spicca per il loro utilizzo. E’ normale che il Paese con il terzo debito al mondo sia tentato di approfittarne per tenerlo sotto controllo, aumentando un rischio che con il tempo, comunque, può rivelarsi negativo o positivo. Personalmente, non credo che i soldi dei contribuenti debbano essere soggetti a questo rischio, ma di sicuro è ridicolo parlare di scandalo”. Ma perché, allora, riaprire questo dibattito proprio ora? “Non faccio il dietrologo”, conclude.