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Disoccupazione dei più giovani, ma è davvero il problema principale?

Quanta retorica sul lavoro dei giovani. Non per fare il bastian contrario, ma a volte sembra proprio di guardare il fumo sapendo che manca l’arrosto. Ok, favoriamo l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro, perché no. Tutto quanto si può fare di buono nel settore occupazione è cosa virtuosa.

Ma tutta questa melassa sul lavoro dei giovanissimi non mi sembra aiuti molto la causa. Mi sembra anzi che confonda le idee e annebbi il panorama.

Provando a ragionare fuori dal coro, siamo certi che il problema principale dell’Italia sia il lavoro dei giovani sotto i 24 anni? Hanno questa età quelli che si suicidano? Per carità, lo ripeto all’infinito, ben venga se si trova il modo di creare qualche nuovo posto di lavoro, anche per giovanissimi, ma non facciamoci prendere in giro.

Sono falsati i numeri, e sono falsati gli obiettivi. I numeri: quello della disoccupazione giovanile sarà pure un dramma, ma certo non superiore al tema della disoccupazione generale.

Per quanto alta possa essere la percentuale di disoccupazione tra gli under-24, essa è comunque non un valore assoluto, ma un calcolo fatto su quel 10 per cento di giovanissimi che non studiano. E con la crisi demografica che c’è non parliamo di grandissimi numeri.

Certo, parliamo di un furto di futuro, ed è grave, ma non riguarda solo il tema dell’occupazione, e comunque non riguarda solo i giovanissimi. Diciamo pure che un under-24 può in qualche modo ancora appoggiarsi alla famiglia (certo non è questo l’obiettivo, ma tant’è), mentre un over-40, -50 o -55 ha lui una famiglia da mantenere.

Non si tratta di fare una guerra tra generazioni, ma neanche di subirla. Un giovanissimo poi ha ancora un’elasticità che lo può aiutare nella ricerca del lavoro, cosa che vale molto meno per una persona più adulta.

Non si tratta di incancrenire l’Italia nella conservazione ad ogni costo di situazioni antiquate e agée, ma di affrontare i problemi per il verso giusto.

Non si possono mandare all’aria famiglie esistenti, creando gravi problemi ai figli. Piuttosto il tema vero è quello della formazione. I giovani sotto i 24 anni dovrebbero essere formati meglio, sia scolasticamente sia nella formazione professionale. Quegli anni potrebbero essere impiegati meglio per creare qualificate professionalità che permettano un vero inserimento competitivo nel mondo del lavoro, anche internazionale. E al contempo l’altro grande tema è quello della formazione degli adulti, di chi perde o comunque deve riqualificare il proprio lavoro per rimanere al passo coi tempi e continuare ad essere appetibile e non essere sputato via senza alcuna speranza.

Su questa formazione qualificata – di giovani e di meno giovani – deve puntare lo Stato, per creare un’impresa competitiva e lavoratori di qualità, che insieme possano competere sul piano internazionale. Altrimenti inventarsi assistenzialmente e forse demagogicamente  lavoro a spese più o meno pubbliche ma senza un vero mercato alle spalle è una pezza del tutto inutile se non addirittura dannosa. E forse può essere vista anche come una presa in giro. Ben venga quindi il lavoro per i giovani, ma ben venga ancor di più il lavoro senza ulteriori specificazioni, salvo quella di essere un lavoro vero richiesto dal mercato che tira perché è competitivo.



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