Skip to main content

Dove la democrazia si fonda (davvero) sul lavoro

In Italia lavorare gratis è una normalissima prassi. Negli Stati Uniti, invece, è normale offrire un servizio e pretendere ragionevolmente qualcosa in cambio. Ecco la differenza tra una democrazia che dice di fondarsi e una che si fonda veramente sul lavoro.

Quella che vengo a raccontarvi – come quelle che d’ora in avanti vi racconterò – è la storia di un’esperienza personale, che mi porta a confrontare due società: la nostra, quella italiana, e quella del nuovo continente, in cui ho deciso di andare ad abitare. Da quest’esperienza estrapolerò, di volta in volta, una riflessione sui costumi, sulle usanze e sulle diverse velocità di una cultura che, se da un lato non offre alcun tipo di ammortizzatore sociale né l’assistenza sanitaria pubblica, dall’altro tiene in notevole considerazione lo sforzo e lo spirito di sacrificio del singolo individuo, ripagandolo meritatamente. Ho deciso di affittare un appartamento a Phoenix, in Arizona. Per poter firmare il contratto di locazione ho effettuato una registrazione online, richiestami dalla direzione del residence all’interno del quale è situato il mio appartamento. Il motivo di questa registrazione è dovuto alla volontà, da parte dei proprietari, di valutare il mio “dossier” per essere certi che io sia un cliente affidabile. Negli Stati Uniti è normale che esistano questi siti internet, gestiti non certo dal proprietario ma da persone che fanno questo per lavoro, e che – è superfluo precisarlo! – non lo fanno gratis. L’usanza di pagare per ottenere è la normale esecuzione del concetto di compravendita di servizi: si richiede, si paga e si ottiene. Un processo fluido, sensato e di conseguenza logico. In Italia esistono simili piattaforme – da non confondere con le agenzie immobiliari, che svolgono un ruolo diverso – che sono però gratuite, perché non forniscono un vero servizio: non valutano la posizione del cliente, a cui quindi il servizio viene fornito gratuitamente, a scapito di chi quel servizio lo offre e si ritrova ad aver svolto una prestazione senza compenso. Tutto questo a noi italiani sembra normale: che ci venga chiesto di pagare per ottenere qualcosa è inopportuno, sgradevole, un gesto da scostumati. Ebbene, non è forse altrettanto irrispettosa l’odiosissima pratica del dover lavorare a costo zero? Dall’altra parte del mondo, con un fuso orario di almeno sei ore di differenza, anche la concezione del rispetto – e della mancanza di rispetto – è ribaltata: non è irrispettoso dare un prezzo ad un servizio, lo è invece lavorare gratis. Accordare un prezzo ad un servizio non è necessariamente cosa sgradevole come siamo portati a credere, ma è un modo per dare dignità al lavoro. Questa tacita consuetudine (tutta americana) del rispetto del lavoro proprio e altrui – rispetto che viene palesato con la moneta – è la ragione per cui, nonostante l’attuale crisi stia mordendo ovunque e stia lasciando segni evidenti, le opportunità per reinventarsi e avere un lavoro non mancano, negli Stati Uniti. Sto parlando della mobilità, la capacità di svolgere, nel corso della propria vita, più di una professione, anche diversa da quella precedente, facendo tesoro di un’unica, grande qualità: l’ingegno. E una buona dose di rispetto: di sé e degli altri.

Twitter @FraOnorato



×

Iscriviti alla newsletter